Le competenze computazionali? Si insegnano già dalla scuola primaria. Succede nelle scuole Faes di Milano in piena controtendenza con quanto avviene nell’ambito della didattica tradizionale italiana.
Il Faes è un’associazione nata nel 1974 per promuovere la collaborazione educativa tra scuola e famiglia che gestisce scuole paritarie dall’asilo nido ai licei, tutte bilingue ed incentrate su un modello didattico che vede al centro della formazione i soft skills, cioè le abilità trasversali di relazione molto ricercate nel mondo del lavoro.
“Non puntiamo a far uscire dalla nostre scuole dei programmatori” ha spiegato Sam Guinea , un collaboratore del Faes , “ il vero obiettivo è quello di potenziare il pensiero computazionale di ogni bambino”. E tutto questo è importante a prescindere dalla carriera professionale che sceglieranno nella loro vita, ma li aiuterà con il problem solving utile per qualsiasi attività professionale che intraprenderanno.
“Con il coding” ha spiegato infatti, Guinea a CorCom “un problema complesso va analizzato in maniera critica e scomposto in problemi più piccoli. Esponendo i ragazzi al creative coding si insegna loro il valore della sperimentazione e del fallimento, che è parte integrante e naturale del processo, e a non arrendersi se all’inizio la soluzione proposta non funziona”.
Altro obiettivo importante è la possibilità di creare consapevolezza nei ragazzi sull’importanza dell’informatica nella società.
La formazione avviene in un contesto ludico dove i bambini durante la lezione possono utilizzare il programma Scratch che nasce con l’obiettivo di aiutare i bambini ad imparare a programmare attraverso il gioco e la creatività. “ I piccoli imparano a risolvere i problemi attraverso la creazione di semplici algoritmi, attraverso la combinazione di un numero determinato e finito di passi elementari. Questa attività li aiuta a sviluppare in loro un processo di “progettazione”, leggendo soluzioni pre esistenti riadattandole al proprio problema, trovando gli errori quando le cose non vanno e quindi ragionare sul tema affrontato”.
Nella secondaria di primo grado gli studenti arrivano a progettare e realizzare piccoli videogiochi , approccio ulteriormente consolidato nei licei dove viene aggiunta la materia “digital” con la realizzazione di semplici progetti di artigianato digitale che coinvolgono elementi di informatica, di robotica e di circuiti elettrici.
In un Paese dove appena il 5% dei laureati che escono dalle università italiane hanno competenze digitali (dati resi noti da una ricerca condotta da University2Business, società del Gruppo Digital360) e si fatica a trovare nelle aziende risorse con adeguati skill tecnologici, una fetta ancora troppo grande dei giovani italiani è inconsapevole di quanto il digitale stia trasformando la cultura aziendale, i processi e i modelli di business, un gap che il sistema scolastico non sta affatto colmando se non in casi specifici come quello della Faes.
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