Uno schema, scrive Avvenire, non adatto all’allocazione di un bene strategico come la formazione scolastica, dove tanto il mercato quanto lo Stato appaiono inefficienti rispetto a transazioni caratterizzate da ‘asimmetrie informative’.
Restituendo libertà di scelta alle famiglie, il buono scuola rappresenterebbe inoltre una carta di ‘liberazione’ per i più bisognosi, senza peraltro contravvenire al dettato costituzionale.
E cita il giornale cattolico don Luigi Sturzo: «Finché la scuola in Italia non sarà libera, neppure gli italiani saranno liberi; essi saranno servi, servi dello Stato, del partito, delle organizzazioni private o pubbliche di ogni genere […]. La scuola vera, libera, gioiosa, piena di entusiasmi giovanili, sviluppata in un ambiente adatto, con insegnanti impegnati nella nobile funzione di educatori, non può germogliare nell’atmosfera pesante creata dal monopolio burocratico statale».
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