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Il Recovery Fund per formare prof digitali

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Se tutte le avvisaglie di un possibile ritorno del Covid19 trovassero concretezza, sarà giocoforza tornare a chiudere le scuole e allora bisognerà ritornare alla didattica a distanza. 

Le ipotesi su questo versante si inseguono, soprattutto dopo le notizie di intere scuole colpite dalla pandemia. 

Se alle superiori, come è noto, la dad in qualche modo può funzionare senza grandi intoppi, tranne quelli già segnalati dovuti a problemi tecnici, alla primaria e alla secondaria di primo grado i problemi sono di diversa natura, ragion per cui la ministra Azzolina starebbe pensando già, oltre a eliminare le classi pollaio implementando l’edilizia, di sfruttare i soldi del Recovery Fund per la formazione del personale. 

Ha parlato infatti, durante l’audizione alla Camera, di “completa transizione al digitale della scuola italiana”, attraverso tre misure.

Quali esse siano, lo chiarisce il Sole24 Ore: la trasformazione di tutte le aule in ambienti di apprendimento innovativi, con strumentazioni all’avanguardia;

la creazione di 2.700 “Digital Labs” (uno per ogni scuola secondaria di secondo grado) disseminati sul territorio dove formare il personale e organizzare attività didattiche innovative per gli studenti; 

la piena digitalizzazione dei sistemi informatici, delle banche dati e delle infrastrutture amministrative dell’istituzione scolastica.

L’obiettivo sembra dunque quello di puntare a potenziare le competenze digitali dei docenti, dirigenti e personale amministrativo attraverso piani di aggiornamento professionale ad hoc delle skills tecnologiche. 

Oltre dunque ad attivare una “piattaforma nazionale di supporto e accompagnamento per lo sviluppo di competenze digitali della scuola italiana e di percorsi accessibili e certificabili”, si svilupperebbero pure “singole iniziative progettuali mirate per dare la massima diffusione a  metodologie didattiche innovative”.

Investire nella formazione  di tutto il personale scolastico, sembra dunque la parola d’ordine della ministra, viste le “esigenze che tempi di innovazione digitale e di proficua rapida circolazione dei saperi impongono”.