“Non fai le pulizie?” “Licenziato!” Legittimo il licenziamento del collaboratore scolastico che si rifiuta di fare le pulizie. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 17602 del 21 giugno 2021.
Il Caso
Il collaboratore scolastico era stato sottoposto a licenziamento disciplinare per “persistente insufficiente rendimento” in quanto – benché espressamente sollecitato – si rifiutava di provvedere alla pulizia delle aule, visto che la scuola aveva dato in appalto il servizio di pulizia ad una ditta esterna. Il dipendente riteneva pertanto che tale compito non gli competesse.
La decisione degli Ermellini
Non è stata di questo parere la Corte di Cassazione, che ha ricordato come la “pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi” rientra senza dubbio tra i compiti dei collaboratori scolastici, come inequivocabilmente previsto dalla tabella A relativa ai “profili di Area del personale Ata”.
Sotto questo profilo, “la possibilità di fare ricorso a contratti di fornitura non costituisce un obbligo del dirigente scolastico né esonera il collaboratore ATA dallo svolgimento delle mansioni”.
La proporzionalità della sanzione
Il dipendente sosteneva che comunque il CCNL del comparto scuola prevedeva –in caso di insufficiente rendimento- il rimprovero o una multa e- nei casi di particolare gravità o recidiva- la sospensione dal servizio, ma non il licenziamento.
Lamentava in ogni caso la sproporzionalità della sanzione, in quanto riteneva di aver agito legittimamente.
Secondo la Corte, il giudizio sulla proporzionalità della sanzione compete unicamente al giudice di merito e – in ogni caso- è lo stesso Codice disciplinare (art. 95 del CCNL, comma 7) a prevedere, in caso di “persistente insufficiente rendimento” la sanzione disciplinare del licenziamento.
Conseguenze del licenziamento disciplinare
Spesso il dipendente- con una certa superficialità e magari credendo di essere nel giusto- si rifiuta di svolgere determinati compiti, nell’erroneo presupposto che competano ad altri, confidando sul fatto che raramente vengono adottate adeguate misure disciplinari.
Severa, ma condivisibile la decisione della Corte di legittimità, che ha sottolineato come il rifiuto reiterato e ingiustificato di svolgere dette mansioni integri una grave violazione in grado d’incidere sull’organizzazione dell’intera scuola.
Il licenziamento disciplinare si distingue dalla risoluzione del contratto (disposta ad esempio, per mancato possesso del titolo di studio richiesto o per errori nella procedura di assunzione) perché comporta anche l’impossibilità di conseguire altri rapporti di impiego nella Pubblica Amministrazione.