Home I lettori ci scrivono Collaboratori del dirigente scolastico e “produttività”

Collaboratori del dirigente scolastico e “produttività”

CONDIVIDI

Non si può che essere d’accordo con le sue rivendicazioni. Ci stiamo riferendo alle dichiarazioni del Presidente dell’Ancodis (Associazione nazionale dei Collaboratori dei Dirigenti Scolastici) tese ad evidenziare il contributo fondamentale e imprescindibile dei Collaboratori dei Dirigenti Scolastici per il buon funzionamento della scuola; di quella scuola che, nel corso degli ultimi decenni è andata strutturandosi, e che, senza il loro prezioso lavoro, si fermerebbe.
Allora se il Ministero dell’Istruzione (e del merito) tende sempre più a valorizzare e ‘incensare’ i Dirigenti scolastici (attribuendo loro, forse, responsabilità sempre più importanti, ma, al contempo, importanti gratificazioni economiche), allo stesso modo dovrebbe premiare i loro collaboratori scolastici che, per poco spiccioli, svolgono compiti via via più gravosi e si vedono accresciuti impegni, oneri, incarichi (non facili).
Insomma anche loro dovrebbero essere valutati e premiati per gli alti e indiscutibili meriti. Infatti in un sistema scolastico come il nostro, dove gli istituti educativi e formativi sono diventati dei grandi meccanismi complessi e difficile da gestire e il Dirigente Scolastico appare sempre più appiattito (per forza di cose) verso funzioni burocratiche-amministrative (e la didattica?), l’assenza di collaboratori stretti, si chiama ‘staff’ (in numero ogni anno crescente), a cui delegare tutto il possibile sarebbe esiziale per la scuola stessa.
Tutto si fermerebbe, il meccanismo si incepperebbe, sarebbe la rovina. Giusto, quindi, esaltare ‘concretamente’ il lavoro indefesso e la ‘produttività’ dei Collaboratori cosi come si premia ‘materialmente’ il lavoro, l’abnegazione e la produttività dei Dirigenti Scolas
Certo queste importanti e insostituibili ‘figure’ (veri Consiglieri del Dirigente) non dovrebbero essere docenti eletti ogni anno e solo per quell’anno, per poi essere eventualmente rieletti l’anno successivo. Ci vorrebbe un provvedimento legislativo che ufficializzasse, riconoscesse e inquadrasse giuridicamente questi ‘docenti- collaboratori’.
Alla fine si dovrebbe venire a creare un’altra tipologia di dipendente scolastico: il Collaboratore del Dirigente, con precise mansioni, dettagliati diritti e chiari doveri.
Detto in parole più precise (prese dal Presidente dell’Ancondis): ”Si deve arrivare ad una moderna articolazione della funzione docente innestata in un vero modello di carriera scolastica”.
Così anche i Collaboratori, finalmente, vedrebbero riconosciuto e dignitosamente premiato (previa ipotetica valutazione) il loro insostituibile ruolo e la loro indiscussa produttività. Già, perché oggi alla scuola (e ai Dirigenti scolastici) si chiede meritocrazia e produttività, come se si parlasse di aziende o di fabbriche. Ma in cosa consiste questa produttività? Nel formare persone e cittadini? Forse. In realtà gli obiettivi più importanti sembrano essere altri. “Assicurare livelli di produttività e di qualità adeguati ai fabbisogni”(cosi si legge nell’accordo del 12 dicembre all’Aran firmato dalle associazioni dei sindacati). Si ha la ‘sinistra’ impressione che la ‘produttività’ richiesta (e positivamente remunerata) al Dirigente scolastico (e solo un’impressione?) si espliciti nel riuscire ad avere (a raccogliere) un alto numero di iscritti (e classi pollaio), nel saper gestire, eventualmente (in qualche modo), più plessi o più scuole, nell’elaborare, attivare e portare a termine un’infinità di progetti, incontri, attività e laboratori pomeridiani, nel saper ‘saggiamente’ unire la scuola al lavoro, nel saper usare oculatamente o moltiplicare le risorse (sempre poche) a disposizione e, infine, nel fare in modo che tutti siano promossi (anche, soprattutto, chi non se lo merita). Il fine ultimo poi, potrebbe essere quello di creare lavoratori ‘ubbidienti’ e non persone pensanti, da inserire, come ‘ingranaggi’, nel mondo del lavoro.
Ora a parte l’opinabilità di questa finalità (se è questa la finalità ultima), la produttività, anzi il valore di una scuola difficilmente si può scorgere subito, ma, almeno, dopo dieci o vent’anni.
Solo allora la società in cui si vivrà ci dirà se abbiamo lavorato bene, se abbiamo formato persone oneste, autonome, dotati di capacità critica e laboriose; amministratori e professionisti seri e operosi, cittadini veri, osservanti delle leggi (e pronti a cambiarle se le ritengono inique), consapevoli di essere parte importante di una comunità e di dover anche sacrificarsi per essa; uomini e donne ricche di umanità, bontà e senso del dovere, accesi da un sentimento di solidarietà e di spontanea generosità, animati da un istinto di protezione e accoglienza verso i più deboli. Solo allora sapremo se abbiamo formato valide madri di famiglia e bravi padri capaci di educare correttamente i loro figli. Solo allora sapremo se abbiamo ben insegnato o abbiamo fallito. Difficile stabilire subito se la scuola ha agito (non usiamo ‘prodotto’) bene.
Noi docenti possiamo solo gettare i semi (semi sani). Cosa avviene nella terra e come sarà la pianta è difficile dirlo. Queste ultime considerazioni forse sono un po’ utopistiche, retoriche o stereotipate, lo ammetto.
Ma comunque non parliamo di produttività, bensì di aiuto alla crescita, non parliamo di lavoratori (quasi automi che si attengono a istruzioni date o imposte), ma di persone responsabili e libere.
I ragazzi non sono cose ma esseri umani e le Istituzioni pensino a creare una scuola (formata da varie figure tutte necessarie), non una ‘fabbrica’, che possa guidarli e dare loro gli strumenti e i consigli ‘giusti’ per affrontare la vita.

Andrea Ceriani