Ha lasciato il segno la vicenda dalla ragazza del liceo Russel di Roma, collassata e probabilmente finita in coma etilico all’ospedale San Giovanni, nel corso della cogestione organizzata nel proprio istituto superiore: all’indomani del fatto, la giovane si è presentata a scuola con i genitori, convocati dalla dirigente scolastica, e immediatamente dopo l’attenzione si è spostata sulle possibili responsabilità del corpo insegnante. I docenti, in pratica, potrebbero non avere controllato a sufficienza cosa stesse accadendo nel corso della cogestione, anche se non è nemmeno da escludere che la ragazza possa avere assunto la vodka in bagno o anche fuori scuola, per poi sentirsi male all’interno dell’istituto.
“Se uno si porta da casa la vodka, come sembra al momento, e la beve in bagno, cosa può fare un professore?”, ha detto all’Ansa, senza troppi giri di parole il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Gildo De Angelis. E anche se il consumo dell’alcol è avvenuto dentro, ha proseguito, di certo “non possiamo perquisire i ragazzi. Certo è che i controlli in queste settimane di didattica flessibile, devono essere più accurati”.
Poi il direttore regionale spiega i possibili sviluppi, qualora emerga che i docenti non hanno attuati i controlli previsti: “Ammesso che sia successo, potremmo contestare la mancata vigilanza al professore di turno che si concretizza nell’invio di un ispettore o in un richiamo scritto”. Per focalizzare l’accaduto, comunque, De Angelis ha chiesto alla preside del Russel di fargli avere al più presto una relazione dettagliata.
Nel liceo, intanto, la cogestione è stata sospesa e per venerdì 26 gennaio è stata convocata un’assemblea d’istituto.
Mario Rusconi, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, che in un primo momento aveva ricordato che gli studenti anche in queste circostanze sono comunque sotto la diretta responsabilità dei docenti, ha tenuto a dire che “ci sono in corso due inchieste: una giudiziaria e una dell’Ufficio scolastico regionale. Entrambe dovranno accertare se ci sono stati buchi nell’organizzazione della didattica alternativa”.
“I controlli devono essere ferrei perché i ragazzi non stando nelle loro aule si muovono liberamente per seguire i diversi dibattiti, ragazzi di diverse età si trovano mescolati. Fermo restando che anche un’organizzazione ferrea non potrà mai impedire che qualcuno di nascosto possa portare fumo e alcol e spacciare, ad esempio, in bagno”.
Con un comunicato ufficiale, anche l’Anp-Cida si erge a difesa del personale: “Nell’attesa che i fatti siano accertati, non si devono scaricare tutte le responsabilità sul personale scolastico, sia dirigente che docente”.
“Abbiamo sempre detto con chiarezza, e lo ribadiamo oggi, che spesso le cosiddette autogestioni non sono una vera scelta didattica ma solo il male minore per scongiurare l’occupazione della scuola. L’Anp-Cida ritiene che nessuno possa sottrarsi alle proprie responsabilità, dirette e indirette, e che tutti debbano contribuire alla soluzione di prassi che non sono più accettabili. L’occupazione non è un diritto, la settimana dello studente non può essere il male minore, i problemi dei giovani e della scuola vanno affrontati con serietà e consapevolezza. A tutti i livelli”.
A parlare è anche una docente del Russel, secondo la quale quanto accaduto potrebbe vanificare il lavoro di tanti: “l problema – dice la prof – è che sta passando il messaggio che il nostro liceo sia malfamato, pieno di alcol e droga. Si stanno vanificando anni e anni di duro lavoro, in cui ci siamo sempre spesi al massimo per i ragazzi. È stato un caso isolato, forse una bravata, ma quello che hanno scritto oggi i giornali non è assolutamente vero”.
Il corpo docente del liceo romano è “molto arrabbiato e dispiaciuto. Non possono accusarci di non aver vigilato. Si tratta di 1.700 studenti durante l’autogestione che comunque erano monitorati costantemente da docenti e rappresentanti degli studenti. Poi non si possono controllare gli zaini di tutti o entrare in bagno per verificare cosa stiano facendo i ragazzi”.
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