“Primus inter pares” cioè l’Educatore Socio-Pedagogico.
La legge 145/18 art. 1. comma 517, cambia radicalmente la professione di educatore professionale, nelle due diverse articolazioni di educatore professionale socio-pedagogico, socio-sanitario, creando un “Primus inter pares” cioè l’Educatore Socio-Pedagogico.
La Legge di bilancio 2019 ( n.145 del 30/12/18 art. 1 c. 517), il cui testo passato al Senato è entrato in vigore il primo gennaio 2019, produrrà degli effetti importanti sulla vita di tantissimi laureati SDE/Pedagogia in servizio, da decenni, nei presídi e nei servizi socio-sanitari,. L’approvazione congiunta di tre commi contenuti nella finanziaria merita una riflessione approfondita, che ci riserviamo di fare successivamente, dopo averne osservato gli effetti sul territorio.
Proviamo, qui, ad introdurre un ragionamento sul quadro normativo attuale e l’assetto delle professioni di educatore professionale socio-pedagogico, educatore professionale socio-sanitario e pedagogista a seguito delle leggi 205/17 e 148/19.
I commi che ci riguardano più da vicino, rispetto all’assetto professionale in trasformazione, sono tre.
-Comma 275. Aggiunge i “servizi e i presidi socio-sanitari e della salute”, “limitatamente agli aspetti socioeducativi” alle attività dell’educatore professionale socio-pedagogico emendando il testo della cosiddetta Legge Iori, i commi 594 e seguenti della Legge di bilancio 2018, la 205/2017.
-Comma 283 bis: Integra l’art. 4 della L.42/99 consentendo a coloro che hanno esercitato una professione sanitaria per almeno 36 mesi nei dieci anni precedenti pur non avendone titolo, di iscriversi in sezioni speciali ad esaurimento del multialbo previsto dalla Legge 3/2018.
-Comma 283 quater: estende l’ambito di applicazione del Dm 22 giugno 2016 sulle equipollenze all’educatore professionale sanitario a coloro che abbiano conseguito questi stessi titoli oltre l’entrata in vigore della Legge 42, ossia a coloro che si siano iscritti ai corsi di formazione entro il 2000 o li abbiano conseguiti entro il 2005.
Il 2005 come termine non è arbitrario, ma è l’anno nel quale si sono laureati i primi laureati Snt2. Infatti il Dm 520/98 prevedeva che l’educatore professionale fosse un diploma universitario (quello che nell’ordinamento successivo sarebbe stato la laurea “breve” triennale). A seguito del Decreto Bindi erano state sospese le formazioni regionali, anche se in alcune regioni tali formazioni erano continuate. Ora, si consente a coloro che hanno svolto una formazione di questo tipo e che la abbiano conseguita entro il 2005 o vi si siano iscritti prima del 2000, di accedere al multialbo come educatore professionale sociosanitario.
Fin qui i fatti. Da qui in poi le nostre posizioni.
A nostro modo di vedere questo assetto cambia radicalmente la professione di educatore professionale, nelle due diverse articolazioni di educatore professionale socio-pedagogico, socio-sanitario, creando un “Primus inter pares” cioè l’Educatore Socio-Pedagogico, ma anche e in particolar modo quella di pedagogista.
C’è l’educatore professionale sociosanitario. Un professionista che viene formato dalle facoltà di medicina, è sottoposto ad un medioevale balzello costituito dall’obbligo di iscrizione all’ordine professionale e all’albo. Abbiamo fondato motivo di ritenere che:
-non possa operare nel sociale perché il riferimento in proposito del 520/98 è molto debole, ed è contenuto in un decreto che agisce su di una delega che riguardava le sole professioni sanitarie.
-Non può operare nel sistema 0 – 6 anni, questo è certo, e si tratta di una quota cospicua del socioassistenziale.
-Può operare nel sociosanitario e nel sanitario, in forza delle Leggi 3/2018 e del Dm 520/98.
Poi ci sarebbe da discutere se la 520/98 sia stata abrogata o meno dalla Legge Iori. L’ordine e l’Anep dicono di no, noi abbiamo forti dubbi in merito.
Ad ogni modo, da una parte abbiamo l’educatore professionale sociosanitario, con queste caratteristiche, mentre dall’altra parte c’è l’educatore professionale socio-pedagogico, che:
-può operare nel sociale in via esclusiva.
-Può operare nei servizi per la prima infanzia insieme ai laureati in Scienze della formazione primaria che abbiano conseguito un anno di specializzazione nella prima infanzia.
-Può operare (Comma 275 della finanziaria 2019) nei servizi sociosanitari della sanità convenzionata senza ombra di dubbio.
Resta da approfondire la possibilità di lavorare nella sanità con assunzione diretta. Qui dovremo capire bene.
A nostro modo di vedere non possono più esistere concorsi per assunzioni dirette nei servizi sanitari che non prevedano l’educatore socio-pedagogico. Non tanto perché il comma che integra la 205 parla di servizi sociosanitari… “e della salute” ma per la stessa definizione di servizio sociosanitario che è contenuta nella normativa, dal Dlgs 502/92 in poi. Intendiamo dire che per sua natura ogni servizio educativo che preveda la presenza di un educatore è un servizio sociosanitario.
D’altro canto, non può che essere così. Perché se il comma 283 Quater della legge di bilancio consente di estendere l’equipollenza alla formazione professionale anteriore al 2005 ma non lo consente ai laureati in scienze dell’educazione: delle due una. O questa disparità produce una gravissima violazione del principio di eguaglianza, o più semplicemente non la prevede perché non ce ne è bisogno, e dopo il comma 275 le competenze dell’educatore professionale socio-pedagogico “assorbono” quelle dell’educatore socio-sanitario che da parte del mondo accademico è considerato una anomalia solo italiana che venga formato da Medicina.
Inoltre, che la normativa attualmente in vigore non vieti questa lettura è confermato indirettamente dall’Ufficio studi della Camera che, nel commentare il comma 275 appena introdotto nel testo del Senato, chiede una precisazione se la definizione debba riguardare il solo sociosanitario in convenzione o anche le assunzioni dirette.
Il pedagogista, nel quadro che si va delineando, è la figura che ha maggiori novità.
Perché in realtà non sarebbe stata necessaria una modifica alla 205 se non fosse intervenuta la Legge Lorenzin. La modifica del comma 594 della L. 205 apre anche al pedagogista il sociosanitario.
Il pedagogista (il pedagogista in quanto tale, con funzioni apicali di coordinamento e consulenza) al contrario dell’educatore, nei servizi sociosanitari è ancora poco diffuso. Mentre per l’educatore L19 si è trattato di evitarne l’espulsione per il pedagogista il comma 275 può essere la chiave della svolta dell’accesso in sanità. La definizione del pedagogista come professione sociosanitaria, senza albo sanitario, ovviamente è una logica conseguenza.
A nostro modo vedere il doppio canale formativo non ha più motivo di esistere il il corso triennale di medicina andrebbe abolito.
Non si capisce che senso abbia mantenere una professione come l’educatore professionale sociosanitario con un ingiusto balzello (l’iscrizione all’ordine), quando esistono altre professioni sociosanitarie, come i sociologi, che non hanno l’albo. Le università di medicina formano una professione socio-educativa che potrebbe essere tranquillamente formata, stante l’attuale quadro normativo, dalle facoltà di scienze della formazione, che lo fanno già da molto prima del 2002 e i cui costi per unità di laureato professionista formato sono dieci volte più bassi (a causa del numero chiuso e dei vincoli delle professioni sanitarie).
Basterebbe a questo punto chiudere il costoso canale formativo Snt2, integrare Scienze dell’educazione con un certo numero di crediti di ambito sociosanitario, e dare l’opportunità agli educatori SNT2 di integrare i crediti mancanti per l’equivalenza agli Educatori SDE, per chiudere nel migliore dei modi e senza danni per nessuno la vicenda del DOPPIONE creato da medicina con il 520/98, che nasce transgenico fin dalla sua imposizione tra le professioni con formazione universitaria.
Siamo una professione disciplinata dalla legge 4/2013 libera, indipendente, europea, autonoma, senza fantozziani balzelli albistici inutili e costosi, e con le due ultime leggi (205/17 e 148/18) entriamo a pieno titolo tra le professioni italiane, riconosciute dallo Stato.
Alessandro Prisciandaro/Gianvincenzo Nicodemo – APEI