Ha lasciato spiazzati non solo i sindacati l’iniziativa di riforma del reclutamento e della formazione dei docenti portata avanti dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: anche dentro la maggioranza di Governo non si nascondono le perplessità per quella che viene considerata una fuga in avanti. A manifestare l’esigenza di valutare più fondo il nuovo impianto normativo, che premierebbe anche i docenti meglio formati con incentivi in busta paga, è il primo partito dell’Esecutivo guidato da Mario Draghi. Con un comunicato congiunto, i parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione Istruzione al Senato e alla Camera, scrivono ci avere incontrato, martedì 12 aprile, “insieme agli altri senatori e deputati dei gruppi di maggioranza il ministro Bianchi per approfondire il tema, fondamentale, delle nuove regole per il reclutamento degli insegnanti”.
Dopo aver sottolineato che “solo ieri il Sole 24 Ore riportava con dovizia di dettagli le linee guida della riforma prevista in un decreto che nelle prossime settimane dovrebbe approdare in consiglio dei ministri per l’approvazione”, i grillini dicono di avere “ricevuto il testo della bozza di decreto” e di essere “già al lavoro per esaminarne i dettagli ed esprimere eventuali rilievi”.
“Quel che è certo – aggiungono – è che una riforma del genere merita i giusti tempi per essere approfondita”.
I deputati del M5s, quindi, chiedono “garanzia di un ampio percorso di condivisione che consenta al parlamento di intervenire in maniera puntuale prima dell’approdo in Consiglio dei Ministri e di affermare i principi inderogabili di tutela del merito e di valorizzazione della classe docente”.
Il ministero dell’Istruzione, fanno intendere ancora i deputati pentastellati, non può decidere in autonomia una novità così rilevante: “Dare attuazione ad una riforma della scuola – sottolineano dal M5s – non può e non deve prescindere dal lavoro sinergico del parlamento e delle commissioni, riforma che dovrà tenere conto soprattutto dei bisogni futuri dei bambini e degli studenti che saranno coinvolti nei prossimi anni”.
La chiosa dei deputati dei 5 stelle è un messaggio evidente al dicastero bianco di Viale Trastevere: “Non possiamo accettare soluzioni a scatola chiusa“.
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, la riforma prevede, per quanto riguarda le scuole secondarie di primo e secondo grado, che per partecipare al concorso il candidato dovrà possedere la laurea e aver conseguito i 60 CFU in materie antro-psico pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche o durante i due anni della magistrale o negli ultimi due di quella a ciclo unico; solo 30 CFU conseguiti durante il percorso universitario e conseguire i restanti 30 durante il primo anno di insegnamento con contratto a tempo determinato dopo aver superato il concorso.
I docenti precari con un servizio di almeno 36 mesi potranno accedere alle prove concorsuali senza bisogno dei 60 CFU e l’abilitazione.
Per la scuola dell’infanzia, invece, i titoli di accesso saranno ancora la laurea in scienze della formazione primaria o il diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002.
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