“Noi abbiamo oggi nel nostro ordinamento due lauree abilitanti per l’infanzia e per la primaria mentre chi fa una scelta disciplinare deve recuperare successivamente le competenze pedagogico didattiche; e invece dobbiamo creare dei percorsi che abbiano sin dall’inizio queste competenze per chi vuole fare l’insegnante.”
Così il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi in Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, chiamato a riferire sulle tematiche legate alla crisi pandemica da Covid-19 e sul seguito dell’indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani.
L’idea è quella di permettere, sin dall’inizio del percorso formativo universitario, ai ragazzi che vogliano diventare insegnanti, di potere accostare alle competenze disciplinari quelle orientate all’insegnamento.
“Faccio una richiesta. Le nostre università devono adeguare la loro capacità di formazione delle persone ai bisogni che abbiamo: sicuramente per quanto riguarda i nidi, l’infanzia e anche per quanto riguarda coloro che vogliono proporsi per insegnare materie Stem. E quindi ci sarà un problema di articolazione delle offerte didattiche che permetta sin dall’inizio per chi vuole insegnare di avere un percorso per diventare insegnante. Anche sul fronte disciplinare. Ci sono i 24 Cfu, ci sono state le Ssis.”
E sui 24 Cfu afferma “non è assolutamente quello il modo,” non rappresentano il giusto modello formativo del diventare insegnante. “Cito i 24 Cfu solo perché li inserisco nel novero della storia,” risponde alla Senatrice Drago, dandole ragione circa l’inadeguatezza del percorso di formazione basato sui 24 crediti integrativi.
La formazione degli insegnanti è stata al centro della parentesi finale dell’intervento del Ministro e delle domande che gli sono state rivolte. In una successiva audizione il Ministro si riserva di tornare sull’argomento per sciogliere il nodo abilitazione all’insegnamento.
“Credo che sia opportuno andare avanti così. Voi mi avete detto delle cose, io rifletto e torneremo a incontrarci e a confrontarci”. E conclude: “La scuola non può essere materia di divisione del Paese ma materia di unione. Dobbiamo rimettere la scuola al centro per recuperare un rapporto con le famiglie, con il territorio, fra i ragazzi. L’obiettivo è riaprire a settembre in presenza ma una presenza diversa, con una coscienza più profonda del ruolo della scuola nel nostro Paese”.
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