La necessità di un curricolo verticale sulla lettura nasce dalla consapevolezza di quanto sia necessario leggere, sia per motivi legati al benessere personale (sviluppo dell’empatia, del lessico, con conseguente possibilità di esprimere se stessi fra gli altri e nel mondo), sia per motivi legati al benessere sociale (sviluppo di un Paese, è provato che il PIL di un Paese aumenta con il crescere del numero dei lettori). Parimenti leggere è molto difficoltoso perché, come ci dimostra la neurobiologia della lettura e le neuroscienze, non siamo nati per leggere, non abbiamo cioè, fin dalla nascita, una zona del nostro cervello deputata alla lettura. Con quello che Marianne Wolf definisce riciclaggio neuronale, il cervello ha riadattato dei circuiti neuronali adibiti ad altro (riconoscimento di volti e oggetti) alla lettura.
Secondo questo modello, la scrittura, e di conseguenza la lettura, si ancora progressivamente al cervello dell’apprendista lettore. Servirebbe sapere che le tappe di come il nostro cervello impara a leggere, sono essenzialmente tre. La prima è chiamata logografico – pittorica, quando i bambini non sanno ancora leggere e trattano la parola come un’immagine. La seconda è quella grafema – fonema, quando il bambino scopre i costituenti delle parole, le singole lettere. La terza, dai sette anni in poi, è quella ortografica. Infatti, insegnare prima dei sette/otto anni la grammatica è inutile, perché il cervello dei nostri alunni non è pronto.
Ecco perché abbiamo bisogno di educare alla lettura, perché non è una pratica spontanea. Leggere è fondamentale, ma difficile! La scuola è il luogo dove si insegna a leggere e occorre quindi affinare e potenziare questa competenza. Lavorare in un Istituto comprensivo poi, ci dà la possibilità di operare in continuità con i colleghi degli altri gradi scolastici.
Per poter costruire un curricolo verticale basato sulla lettura, sarà opportuno partire dai traguardi di competenza in uscita di ciascun ordine e dai prerequisiti in entrata. Infatti, i traguardi finali diventano i prerequisiti del grado scolastico successivo
Stabiliti i traguardi di competenza, sarà più semplice identificare gli obiettivi.
Cosa ci serve per poter iniziare la programmazione? Le prove di ingresso potrebbero essere strutturate sui traguardi raggiunti dai bambini negli anni precedenti? Cosa significa saper leggere all’infanzia? Cosa alla primaria e cosa alla secondaria? E se ci fossero anche degli obiettivi minimi per i lettori meno forti e per i non lettori? Perché non considerare la presenza dei NON LETTORI? E soprattutto, chi sono i non lettori? Occorre ridefinire partendo dalla nomenclatura
La strada è lunga e tortuosa, ma considerando la neurofisiologia del cervello, conoscendo le tappe di come il nostro cervello impara a leggere, la nostra azione didattica potrebbe essere più efficace.
Lucia Schiralli
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