La gestione della negatività in classe e dei comportamenti più problematici prende avvio dalle modalità della socializzazione. Nel gruppo classe la socializzazione rimane un mezzo indispensabile per combattere l’individualismo e e la competitività non costruttiva.
Come lavorare in classe per promuovere una socializzazione funzionale a ridurre la negatività e il comportamento problematico? (VAI AL CORSO)
Il comportamento negativo nelle classi è frutto di pulsioni naturali profonde (bio), è un vulcano attivo di tratti personali dei singoli studenti (psico), è una lotta nel pieno dell’incertezza di un’epoca difficile e di grossi cambiamenti (socio).
Possiamo definire come “negatività” l’insieme di problemi organizzativi, conflitti interpersonali, malessere emotivo, errori. Le negatività sono frequenti, sono a tutti i livelli, riguardano ciascuna persona, studente o gruppo. La negatività è una grande fetta di ogni situazione scolastica e organizzativa. La negatività quando ci prende come soggetti paralizza la nostra capacità di pensare, distorce le nostre percezioni e imprigiona il nostro agire.
Infatti, quando siamo in preda a emozioni negative il pensiero posato è sequestrato e ci muoviamo in uno stato di rigidità o di caos. Ma una grande fetta della negatività è sbagliato considerarla priva di risorsa, priva di qualunque informazione od opportunità.
Su questi argomenti il corso Gestione della negatività in classe, a cura di Pino De Sario, in programma dal 15 giugno.
Tutti a turno abbiamo difese immature, comportamenti critici chiusi nella negazione e nelle accuse, che turbano gli scambi, i gruppi di lavoro, ogni contesto o situazione organizzativa o sociale. I fenomeni negativi disattivano le nostre parti ragionatrici e riflessive (corteccia) e accendono quelle più automatiche e primitive (limbico e tronco encefalico).
La prima cosa fondamentale da fare è prendere atto che i comportamenti sono fisiologicamente impregnati di sensi difensivi, autoprotettivi, ripetitivi, suscettibili, contagiosi, attrattivi in direzione della negatività. Non solo negli studenti, ma anche in noi adulti, insegnanti compresi.
Questa messa in conto rappresenta una mossa centrale, in cui accogliere e parlare delle criticità, dispone le situazioni a contenere i fardelli negativi, aiuta a comprenderne le fonti, a depotenziarne le esagerazioni, a prendere contatti sani con la realtà. Tutte premesse favorenti la trasformazione verso soluzioni più positive. La cosa invece da evitare, l’errore commesso un po’ ovunque, è fronteggiare la negatività col piglio giudicante, l’elusione, il soffocamento, la facile prescrizione di ricette. È assolutamente inutile aspettarsi che uno studente acceda alle sue capacità ragionatrici quando è intrappolato in un’agitazione emotiva e negativa, i percorsi del pensiero lucido sono interrotti nella loro componente vitale, incorporata, biologica.
Dare consigli a un amico o un collega che sta male o è arrabbiato, apporvi ragionamenti interpretativi, non solo è inutile, ma anche rafforza e irrigidisce i tasti negativi in azione. Le interpretazioni e i giudizi dati quando, invece, sarebbe necessario l’affetto, equivalgono ad un atto anti-comunicativo, che ha come conseguenza il peggioramento dello stato delle persone e dei gruppi.
Modelli tutti rivolti alle idealizzazioni intellettuali prescrivono appelli razionalizzanti, qui noi proponiamo invece la cura dell’esplorazione della negatività, supportata da metodo. La cosiddetta Capacità negativa, provare a trasformare il comportamento negativo attraversandolo.
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