Se con la cultura si può mangiare bene, contrariamente a quanto ebbe a dire un famoso ministro del Tesoro ai tempi dei governi Berlusconi, con l’istruzione, e dunque con la cultura e il sapere, non solo si vive meglio e di più, ma è un ottimo viatico per la pace contro la violenza.
E come si può facilmente immaginare, a rivelarlo e dimostrarlo è una ricerca australiana che riesce anche a fornire prove inconfutabili della forte relazione tra educazione e pace e che è stata pubblicata il 24 gennaio scorso, in occasione della Giornata internazionale dell’educazione. In altri termini, dicono i ricercatori, migliorando i livelli di istruzione le società diventano più pacifiche.
Infatti i Paesi che godono di alti livelli di pace hanno tassi di completamento della scuola secondaria superiore del 99%, mentre i Paesi che soffrono di bassi livelli di pace, conflitti, guerre civili ecc., hanno in media tassi di completamento della scuola secondaria superiore solo del 52%.
Dunque, se una Nazione investe in istruzione ha assicurato un avvenire per i suoi abitanti più prospero e più in pace, per cui, di fronte agli attuali conflitti che stanno sconvolgendo il mondo, sarebbe urgentissimo ricostruire le fondamenta che possano sostenere una pace duratura e dunque, secondo le organizzazioni umanitarie, è indispensabile “educare le giovani generazioni alla conoscenza dell’altro, al dialogo e all’integrazione in società sempre più complesse e frammentate. Occorre pertanto investire di più nell’istruzione e garantire l’accesso universale alla scuola”.
Nel 2020, portano ad esempio i ricercatori la Namibia, uno dei Paesi più pacifici dell’Africa, aveva il sesto tasso più alto di investimenti governativi nell’istruzione a livello globale in percentuale del PIL.
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