Educare? Formare? Istruire? O indottrinare? Ecco la sfida che oggi si pone agli educatori e docenti per risolvere la tanto esecrata “emergenza educativa”.
Il ruolo di docente educatrice e il lavoro quotidiano sui giovani nella nostra scuola, mi impongono di riflettere su alcune considerazioni: il postulato è che, nel percorso di vita scolastico, partendo dalla centralità dell’alunno, considerato come”persona” e non più come mero discente/utente, occorre praticare una ‘rivoluzione copernicana’ ovvero metodologica:
– Educare come priorità rispetto all’istruire o indottrinare.
– valenza strumentale e metacognitiva di tutte le discipline curricolari nel più ampio progetto formativo;
– focalizzazione del percorso di formazione sull’obiettivo “persona” e individuo, soggetto pensante ed emotivamente maturo ed equilibrato, dotato di ricchezza di sentimento e non solo di completezza di cognizioni tecniche;
– priorità e centralismo dell’educazione’ rispetto alla conoscenza di disciplina o di indirizzo, in un inconfutabile rapporto di “fine a mezzi”.
– personalizzazione e gestione individuale, prima ancora che di gruppo, di tutti gli interventi educativi;
– pregiudizialità della condotta, o comportamento, nella valutazione di ogni altro parametro cognitivo.
Purtroppo oggi le linee di indirizzo, a cui le politiche scolastiche si ispirano, vanno in tutt’altra direzione: prediligono la normativizzazione delle relazioni interpersonali, la rigorosa burocratizzazione degli interventi e delle pratiche formative e la aziendalizzazione della dimensione scolastica ed educativa.
Se il fine di ogni percorso educativo è, in un continuo perfezionamento attraverso la riflessione e il contributo di tutte le conoscenze, la delicata e complessa realizzazione del “progetto Uomo”, secondo la sua nobile e mirabile accezione classica e umanistica, viene logico invocare un’inversione di tendenza ideologica e ribadire finalmente la centralità della funzione educativa, intesa come cultura del “humanitas”, rispetto a tutte le altre scienze e conoscenze meramente tecniche che pure contribuiscono al suo realizzarsi.
Le attività e pratiche educative, che spaziano dall’educazione alla legalità piuttosto che alla bellezza o alla socialità, all’armonia psicologica, ecc ecc…..non vanno relegate più al ruolo di “ancelle” delle conoscenze disciplinari, ma devono assurgere alla loro più autentica dimensione di “valore cardine” e fondante della formazione umana.
In un mondo in cui, sempre con maggiore insistenza, si esaltano le virtù delle “competenze”, è ragionevolmente auspicabile il perseguimento della “madre di tutte le competenze”: il saper vivere secondo le leggi della civiltà e de “l’umana sapienza”.
Alessandra Battista
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