Negli ultimi giorni il mondo ha gli occhi puntati su Manchester, dove la sera del 22 maggio un uomo si è fatto esplodere nell’area biglietteria della Manchester Arena, al termine del concerto della cantante Ariana Grande.
Le vittime sono state per lo più adolescenti e bambini, suscitando lo sgomento di tutto il mondo.
Quello che spesso si chiedono gli insegnanti, oltre gli stessi genitori degli alunni, è la seguente domanda: devo raccontare questi episodi agli alunni? Ma soprattutto, come posso raccontare questa tragedia e il fenomeno del terrorismo?
Su D.Repubblica.it, c’è l’intervento di Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia Dinamica all’Università di Pavia e psicoterapeuta per i problemi dell’infanzia, che fornisce alcuni consigli su come affrontare la questione terrorismo e stragi in classe.
Come spiegare la guerra e il terrorismo ai bambini che hanno meno di 5 anni? Oltre alla presenza della famiglia che deve prima di tutto far sentire la propria vicinanza, Vegetti Finzi invita genitori (e insegnanti) a“far disegnare ai bambini la loro paura. Ma che sia un disegno a quattro mani. Se il bambino disegna cose cupe, noi aggiungiamo cose belle sul foglio, ad esempio fiori che nascono dalla paura, oppure strette di mano. Usare molto, insomma, l’aspetto visivo, come cura alla paura”.
“Ai bambini che vanno alla scuola elementare, invece, bisogna dire innanzitutto che non è in corso una guerra, bensì sono pochissimi uomini che, spinti dall’odio, agiscono contro gli altri, e che questo è un movente per cui tutti i buoni del mondo si stanno unendo tra di loro per combatterli, e prima o poi li metteranno a tacere. Considerato che a scuola possono avere compagni islamici, bisogna ricordare che i bambini devono restare tutti amici tra di loro, e coinvolgerli, tramite gli insegnanti, in qualche cerimonia per celebrare l’amicizia, ad esempio uno scambio di merendine. L’importante, per combattere la paura, è parlare”.
Invece, per quanto riguarda gli studenti in età adolescenziale, la psicoterapeuta afferma: “Penso agli studenti delle scuole medie. A loro bisogna dare spiegazioni, soprattutto dopo questo attentato diretto proprio al popolo dei loro coetanei. È molto importante usare la carta geografica per far vedere ai ragazzini come questi gruppi partano da lontano, in questa Siria occupata, e spiegare che poche persone malintenzionate possono giungere da noi e la polizia sta facendo molto per difenderci. Se i ragazzini chiedono come è possibile che certe persone, nate e cresciute qua, diventino terroriste, bisogna spiegare che sì, sono tra di noi, ma che si sentono estranee, provano un disagio profondo, e che l’unico modo per superarlo è stabilire scambi di conoscenza: solo conoscendosi bene, non ci si sente più nemici”.
Insomma, è necessario parlare con bambini e ragazzi degli episodi di terrorismo, bisogna aprire un dialogo e un confronto fra loro e gli adulti. E, se consideriamo il fatto che le nostre scuole diventano ogni anno sempre più multietniche, è indispensabile aprire una comunicazione bidirezionale che coinvolga insegnanti, studenti e le loro famiglie, in modo da evitare sin dall’età scolare, derive razziste e traumi irrisolti.
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