I lettori ci scrivono

Come superare il precariato

Nei giorni scorsi il ministro Bussetti ha parlato della vecchia questione irrisolta: come superate il precariato.

Tutti vorrebbero farlo, anche Renzi parlava di superare la “supplentite”, ma è quasi impossibile senza spendere una montagna di soldi o senza produrre profonde riforme alla scuola attuale. Nella scuola ci sono moltissime discipline diverse, con diverse abilitazioni (“classi di concorso”) e se un docente si assenta per più di 15 giorni consecutivi va sostituito con un supplente (precario) di quella specifica classe di concorso.

Se in una scuola ci sono, ad esempio, 100 docenti suddivisi in 20 di classi di concorso diverse, quali sono le soluzioni possibili?

Una potrebbe essere il potenziamento dell’organico con almeno 20  docenti di ruolo, per poter coprire tutte le supplenze e, visto che la suddivisione dei docenti tra le varie classi di concorso non è uniforme,  bisognerebbe anche stabilire quanti dovrebbero essere i docenti di potenziamento per ciascuna classe di concorso (le classi di concorso con un solo o con pochi docenti, difficilmente verrebbero coperte). Il potenziamento è stato già previsto dalla “Buona Scuola”, ma non ha risolto il problema del precariato visto che i docenti di potenziamento non sono stati in numero sufficiente. In ogni caso, a parte le difficoltà tecniche di attuazione, una soluzione di questo tipo farebbe aumentare di circa il 20%  la spesa per il personale.

L’altra soluzione è quella attualmente impiegata: ci si affida ai precari che si chiamano (e si pagano) solo quando servono, magari solo per 15 giorni l’anno, risparmiando una montagna di soldi, ma continuando a generare precariato. Questo si è sempre fatto e, secondo me, si continuerà a fare almeno per i prossimi decenni, visto che mancano le risorse finanziarie.

In realtà una soluzione un po’ più economica ci sarebbe, ma ci vuole coraggio: bisognerebbe rivoluzionare la scuola accorpando “drasticamente” le attuali classi di concorso e chiedendo la massima flessibilità ai docenti. In questi anni scorsi le classi di concorso sono state già in parte accorpate (con D.P.R. 19/216, aggiornato con D.M. 259/2017), ma non c’è stato il coraggio di andare fino in fondo. Un  maggior accorpamento delle classi di concorso che riduca le attuali 52 a una ventina, potrebbe essere una soluzione per il futuro, ma come ho scritto ci vorrebbe la massima adattabilità da parte dei docenti che, più che esperti disciplinari, magari di una sola disciplina, dovrebbero essere esperti di didattica. Un esperto di didattica deve (e può) essere in grado di “destreggiarsi” in diverse discipline. Un bravo docente non deve conoscere “tutto”, ma deve essere in grado di semplificare una disciplina e renderla “facile” per gli alunni. Un insegnante competente deve essere un “divulgatore” di contenuti e questo, se è abile professore, deve riuscire a farlo in tutte le diverse discipline che fanno parte della sua “area disciplinare”.

Per il presente, la vedo un po’ in salita.  È difficile convincere un docente vicino alla pensione che ha sempre insegnato la stessa disciplina, che deve essere disponibile ad insegnarne altre 3 o 4. Tra l’altro, chiedere ai docenti che hanno tra gli stipendi più bassi d’Europa di risolvere, col loro lavoro più flessibile, il problema del precariato, mi sembra eccessivo, ma per il futuro si può provare e anche su questo dovrebbe puntare la formazione dei giovani docenti.

Marco Sanna

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