“Non ha superato l’anno di prova. Era lento, annoiava la classe, non riusciva a parlare con un tono di voce alto e nemmeno l’alternava, un tono monocorde, poi camminava tutto il tempo tra i banchi e gli alunni si distraevano”.
“Che farà adesso?”
“Boh! Certo non potrà più rivolgersi agli alunni per cognome e dovrà cercarsi un lavoro”.
“Ma ha svolto una decina di incarichi annuali e i colleghi ne parlavano bene!”
“Si erano sbagliati, guarda… la sua lezione effettiva era di 10/15m e non riusciva a modificare lo stile cognitivo dell’alunno. “
“Ma chi lo dice?”
“La scheda, è tutto sulla scheda che hanno compilato, se l’avessi vista ti saresti messa le mani ai capelli. Il preside non ha potuto fare niente, una volta che la scheda è compilata sei spacciato. Forse gli faranno fare un altro anno di prova.”
“Ma non potevano fare finta che non camminava… quando spiegava?”
“La collega dice che non poteva falsificare la scheda perché la nostra scuola con i figli di professionisti che si ritrova, considerando anche le cinquecento euro che la banca ha investito sull’alternanza scuola-lavoro, non si può permettere di tenere uno che parla in quel modo e che non sta fermo quando spiega”.
Abbiamo riprodotto una ipotetica conversazione, un po’ surreale, che si svolgerà tra un mese e mezzo, alla fine dell’anno scolastico 2014/2015, tra due insegnanti di una scuola siciliana che hanno appreso in maniera informale che il collega che stava svolgendo l’anno di prova non ce la farà. Probabilmente non verrà confermato.
Si salutavano cordialmente, sembrava simpatico ed una gran brava persona; pare addirittura che fosse anche benvoluto dagli alunni. La scheda ha ratificato che non è adatto a fare l’insegnante. Dopo dieci anni di supplenze non è stato abbastanza furbo da modulare la voce, da fare il ruffiano con il tutor che lo doveva valutare, non ha saputo modificare gli stili cognitivi degli alunni. Doveva leggere bene Gardner, doveva telefonare a un paio di cognitivisti e farsi spiegare come intervenire sullo stile cognitivo; si doveva fare mandare la procedura.
Si chiama Peer to peer ed è la scheda di osservazione per i neoassunti nella scuola a cura del tutor, messa a punto dall’Usr Sicilia. Viene utilizzata da quest’anno negli istituti del territorio regionale. E’ una normale scheda, funzionale a diversi contesti e figure, non deve possedere alcuna bontà scientifica perché rientra negli ordinari strumenti di descrizione quantitativa dei compiti e delle mansioni di un professionista che lavora nei contesti di apprendimento. Il neoassunto viene affidato così ad un collega tutor che avrà l’onere di osservare il suo comportamento in classe.
Quando l’ho vista non potevo credere ai miei occhi perché tutti alcuni riferimenti al non-verbale contenuti mi hanno fatto pensare al tribunale dei minori, alle perizie che si fanno quando occorre valutare l’efficacia della funzione genitoriale. Roba di un’altra scuola, una scuola che non mi interessa conoscere e contribuire ad avviare. Roba buona, appunto, per la Buona Scuola.
Il punto non è la scheda in sé che avrà richiesto pure un paio di consulenze, in ogni caso anche competenze all’estensore.
Il punto è che nella compilazione di queste voci in qualità di tutor si finisce inevitabilmente col mortificare il neoassunto che ha un’età media di 40 anni, è laureato, ha vinto un concorso e/o si è abilitato per l’insegnamento. Che moduli il suo ritmo di voce, che stia seduto o deambuli mentre spiega non ha alcuna importanza. Non c’è alcun assunto pedagogico.
C’è solo che ci adeguiamo ad un modello di produttività che non ha nulla a che vedere con la tradizione umanistica della scuola italiana. Non è certo colpa nostra se siamo il paese con le risorse artistiche più importanti al mondo. Una superpotenza culturale come dice il premier.
Peccato che introduciamo isolate procedure anglosassoni in un sistema nel quale cadono i tetti, fa freddo, gli ambienti sono privi di confort, non ci sono palestre, gli alunni sono ammassati in 30-32 in spazi angusti, non ci sono adeguate dotazioni di laboratorio. Un sistema in cui gli insegnanti fanno i precari per 10-15 anni prima di essere immessi in ruolo in modo da continuare in modo indeterminato ad essere sottopagati.
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