”Storia e civiltà del vino” una nuova materia di insegnamento per gli studenti della scuole secondarie di primo e secondo grado e da inserire regolarmente nel curriculum obbligatorio degli studi. Questo l’intento di un decreto legge presentato dal senatore Dario Stefano (Sel) componente della Commissione Agricoltura, che punta a raccontare l’Italia attraverso l’uva e il vino, componenti essenziali della cultura mediterranea.
Sei gli emendamenti del testo che coinvolgono il Miur per quanto riguarda la programmazione dei corsi annuali, la didattica e la formazione dei docenti, quantificando in 12,4 milioni le risorse necessarie per poter istituire un’ora di insegnamento in aula alla settimana dedicata a ”Storia e civiltà del vino’.
Genesi, mitologia, storia della bevanda nella cultura euro-mediterranea; geografia italiana dei vitigni; la coltura della vite, la produzione delle uve ed il processo di produzione del vino: questi i capitoli di un ideale libro di testo da utilizzare in classe, «da parte di docenti opportunamente formati – spiega Stefàno -. Anche grazie a una copertura stimata in 12,4 milioni di euro, a partire dal 2016».
Un progetto che potrebbe partire a livello sperimentale già dal prossimo anno nelle scuole di alcune regioni, a partire dalla Puglia e forse anche in Veneto.
E la politica come sempre a questi annunci si allarga e chiede applausi, sorvolando sugli altri aspetti che invece chiedono attenzione, come la conseguente istituzione di una nuova classe di concorso, insieme alle competenze che dovrebbero avere i docenti: chi insegnerà infatti questa materia? I docenti di lettere? O quelli laureati in agraria? E su quali testi formeranno le loro sapienza? Quali corsi universitari dovrebbero frequentare per conoscere a fondo una tale materia che presuppone anche elementi di viticoltura, agraria, enologia? Tranne che si voglia fare il solito insegnamento alla carlona, tanto per fare rumore insomma, compreso lo stravolgimento dell’intero orario scolastico che fa pure presuppore l’aggiunta di un’altra ora nella complessa programmazione oraria settimanale che Mariastella Gelmini ridusse per contenere le spese.
Intanto le dichiarazioni si sprecano: ”E’ il momento che l’Italia recuperi la sua identità perché il vino fa parte della nostra storia – ha detto il senatore Dario Stefano – un elemento da vivere non dal punto di vista tecnico o enologico ma innanzitutto di cultura”.
{loadposition bonus}
Un’iniziativa legislativa che ha ottenuto il plauso dal mondo del vino che ha partecipato alla presentazione al Senato. ”Il vino è storia e tradizione – ha detto Paolo Castelletti, segretario generale Unione Italiana Vini – e se studiato fin dalle scuole medie può formare i giovani al consumo moderato e portare alla riscoperta del gusto. E il ddl va in questa direzione”.
Secondo Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi ”l’obiettivo oggi è far capire quello che c’è dietro il vino e non solo berlo”, mentre Isabella Marinucci di Federvini ha evidenziato che sostenere il vino significa anche valorizzare i territori di provenienza. Apprezzamento anche da parte del professore Attilio Scienza: ”era ora che arrivasse questa proposta, dopo che la Francia si è già mossa in questa direzione nel 1991”.
Ma c’è pure qualche voce contraria: «Scorretto portare nelle scuole un alimento che costituisce una parte importante del Pil ma anche un potenziale rischio per la salute», dice Andrea Ghiselli, medico, dirigente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Crea). Come tutte le bevande alcoliche, il vino è una sostanza cancerogena. L’unico modo per parlarne a dei ragazzini è spiegare che nuoce alla salute». Per Stefàno invece il problema non si pone e cita l’America latina dove a scuola si insegna la musica popolare come elemento identitario o la Francia, «dove l’argomento in classe è trattato da anni e, con l’informazione, i problemi di abuso di sostanze alcoliche da parte degli adolescenti sono diminuite».