Le Scuole pubbliche ormai in modo sistematico chiedono alle famiglie, di solito all’atto dell’iscrizione, di versare un contributo volontario variabile da scuola a scuola; si comincia alle Elementari con quote modeste fino a superare anche i cento euro alle Superiori. Pur specificando, finalmente, che si tratta di contributi volontari si continuano ad utilizzare metodi poco trasparenti e a prospettare o, peggio, minacciare esclusioni da attività ed eventi in caso di mancato pagamento. Eppure le note del Miur n.312 del 2012 e n. 593 del 2013 e quella dell’Ufficio Scolastico Regionale n.1723 del 2015 hanno evidenziato che vanno evitate forme vessatorie e che i contributi volontari devono essere ben distinti dalle tasse scolastiche, corredati dalla dettagliata descrizione della loro destinazione e successivamente del rendiconto finale delle spese.
Abbiamo sempre sostenuto che i Dirigenti scolastici devono denunciare pubblicamente le misere condizioni in cui versano le nostre Scuole piuttosto che nascondersi dietro le famiglie caricandole di ulteriori spese e rendendosi così responsabili di ulteriori abbandoni scolastici.
Oltre a ciò si va affermando una nuova e pericolosa moda che consiste nell’introdurre lezioni a pagamento in orario curricolare con l’assistenza dell’insegnante di classe nonostante il divieto contenuto nella nota Miur del 2012 : “…il contributo, ad ogni modo non potrà riguardare lo svolgimento di attività curricolari”.
Ecco come i contributi da volontari vengono trasformati in obbligatori perchè le famiglie sanno bene che non versando la quota richiesta, i propri figli saranno esclusi ed emarginati dalla classe.
Ecco come si privatizza la scuola pubblica introducendo nell’orario scolastico corsi tenuti da privati a pagamento delle famiglie.
Ecco come si approfitta di giovani disoccupati che morsi dalla necessità accettano di tenere i corsi richiesti dalle Scuole per pochi centesimi l’ora.
La scuola pubblica, che dovrebbe accompagnare i futuri cittadini sulla strada dei diritti e della dignità, sta cambiando rotta e si adegua acriticamente al mercato e al suo credo:
– il diritto all’istruzione è relativo, dipende da quanto si può comprare
– con le classi di livello ( volute dalla Confindustria) si smisteranno i ricchi verso attività qualificate a pagamento e i poveri all’alternanza scuola-lavoro
– il lavoro bisogna accettarlo a qualsiasi condizione e ed essere grati al benefattore che concede una tale opportunità.
Ma studenti, genitori e insegnanti possono invertire di nuovo la rotta e riportare al suo posto la Scuola pubblica, al servizio dei diritti universali e della crescita culturale e sociale dei giovani