Come userebbero i laureati i 2,3 miliardi di euro dati ai partiti?

Una cifra fra l’altro ambigua, secondo Tesi online, quella di 2,3 miliardi di euro perchè nasconderebbe il bottino che i gruppi parlamentari si sono intascati indebitamente, e cioè 1.700 milioni di euro, ovvero la differenza tra i 2,3 miliardi di euro già incassati e i 580 milioni di euro di spese elettorali effettivamente documentate.
Nel dettaglio i numeri dei finanziamenti sarebbero i seguenti:
oltre 120 milioni sono andati alla Lega, circa 195 milioni al Pd e oltre 187 milioni al precedente Ulivo. Di Pietro e i suoi (solo dal 2001) hanno incassato 53 milioni e rotti mentre l’area Udc si è messa in tasca oltre 121 milioni. Al partito di Berlusconi sono toccati 230 milioni e passa.
Cosa si sarebbe potuto fare? Tesionline lo chiede ai suoi lettori.
 Ecco solo alcune delle iniziative che si sarebbero potute realizzare con 2,3 miliardi di euro.
Al primo posto, con oltre il 46% delle preferenze, c’è il sostegno alle start up e all’imprenditoria giovanile. Che vuole dire non solo slancio di creatività e innovazione, ma soprattutto creazione di tantissimi posti di lavoro. Con 2,3 miliardi si sarebbero potute garantire 7.666 nuove aziende, 426 ogni anno per 18 anni, con una ricaduta occupazionale di 2.550 persone, vale a dire 46 mila posti di lavoro in 18 anni. Mettiamo pure che il 30% delle start up fallisca: i nuovi occupati sarebbero comunque 32 mila, e lo Stato avrebbe ancora in cassa 1 miliardo e 610 milioni di euro, dal momento che dovrebbe pagare solo i debiti delle aziende che non sono riuscite a restituire i 300 mila euro, o parte di essi.
La seconda scelta è la ricerca: oltre il 42%  dei laureati italiani è convinto che sia fondamentale investire in ricerca. Infatti i ricercatori italiani registrano mediamente 243 brevetti all’estero, che producono un risultato economico di circa 1 miliardo di euro nei paesi dove emigrano. Questo equivale a dire che il sistema Italia perde ogni anno 1 miliardo di euro, a favore di enti di ricerca esteri. Con 2,3 miliardi di euro in 18 anni avremmo potuto finanziare 4.600 progetti di ricerca da 500 mila euro ognuno, pari a 255 progetti l’anno. Lo Stato avrebbe speso inizialmente 2,3 miliardi ma ne avrebbe successivamente incassati 18.
Al terzo posto  si piazza con il 32,5% delle preferenze il tema “green”, e cioè tutto ciò che è ecologia, sostenibilità e risparmio energetico. Il progetto smart city di Genova è stato preso come spunto ( 600 mila abitanti e con un investimento di 60 milioni di euro). Con 2,3 miliardi di euro si sarebbero potuti finanziare oltre 38 progetti smart city, 2,1 all’anno per 18 anni. Detto in altri termini, sostanzialmente tutte le grandi città italiane sarebbero oggi smart, e respirerebbero un’aria molto più pulita, risparmiando il 20% di energia, con una ricaduta positiva immediata anche sul bilancio delle famiglie.
Quarta posizione, con il 31% delle preferenze, per le borse di studio destinate all’università.  Frequentare l’università costa mediamente 3 mila euro all’anno, solo di tasse.  Immaginando di erogare borse di studio dell’importo di 5 mila euro ognuna, comprensive dell’esenzione dalle tasse e di un contributo alloggio per i più meritevoli, con 2,3 miliardi di euro si sarebbero finanziato 460 mila borse di studio: 25.556 ogni anno per 18 anni. Questo vorrebbe dire permettere a più studenti meritevoli di laurearsi, e di farlo più in fretta, perché non avrebbero necessità di lavorare per mantenersi agli studi.
Tra le cinque opzioni proposte, quella considerata meno importante e votata solo da 16% dei laureati è stata, infine, il sostegno al progetto Erasmus. Nell’anno accademico 2008/2009 sono partiti per l’Erasmus 19.185 studenti, a fronte di una spesa – sostenuta dallo Stato – di 21.276.262 euro, il che significa 1.109 euro per ogni studente (questo dato l’abbiamo elaborato sulla base dell’XI Rapporto sullo Stato del Sistema Universitario del MIUR del gennaio 2011). Con i famosi 2,3 miliardi avrebbero potuto fare l’Erasmus 2.073.931 studenti, 115.218 ogni anno per 18 anni. Studenti e laureati che avrebbero oggi uno straordinario bagaglio linguistico, professionale e culturale. E che renderebbero più competitive le nostre aziende e l’intero Paese.

Pasquale Almirante

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