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Come utilizzare il tatto per favorire l’empatia tra alunni e docenti? Quanto può servire a ridurre lo stress?

In tempi di MeToo, di molestie e di palpeggiamenti vari (da dieci secondi e oltre…), parlare dei benefici che si sprigionerebbero dal contatto fisico tra docenti e alunni potrebbe sembrare azzardato e fuori luogo. Tuttavia occorre che ne se parli, visto che è da qualche mese in libreria il saggio Touch Matters, di Michael Banissy, professore di psicologia alla Goldsmiths University di Londra. Che nel sottotitolo aggiunge, “come il contatto fisico può migliorare il tuo benessere”.

Il professore sviluppa una tesi tutto sommato abbastanza semplice: il tatto è forse il nostro senso più sottostimato nel rapporto relazionale docente-alunno, un senso che i docenti dovrebbero sviluppare al meglio nella loro quotidianità di classe.

Gli esempi concreti, nel saggio, non mancano: a partire dal cosiddetto “meet and greet”, espressione che oggi serve a indicare anche un’accoglienza calorosa e personalizzata in occasione di meeting e incontri con personaggi importanti. Il docente, in sostanza, è invitato ad accogliere i suoi alunni al mattino sulla porta dell’aula, accompagnando il saluto con un colpetto amichevole sulla spalla, privilegiando gli alunni più “complicati” che da quel contatto potrebbero trarre giovamento, andando – ad esempio – a sedersi più velocemente.

Altra idea: il docente che gira tra i banchi per controllare il lavoro dei ragazzi, può scegliere di aggiungere una leggera pacca sulla spalla di un alunno bisognoso di un incoraggiamento più sostenuto. Un contatto fisico che l’alunno decodificherebbe come un incitamento, un gesto di fiducia da parte del docente.

Oppure, in un contesto relazionale di leggera tensione a causa del cattivo comportamento di qualcuno, una lieve presa sul braccio dell’allievo discolo, accompagnata da un’adeguata mimica facciale, potrà essere più efficace di qualunque rimprovero ad alta voce. Con il valore aggiunto che, così facendo, non si esporrebbe il “colpevole” al giudizio dell’intera classe.

Touch Matters è corredato da una serie di esperimenti condotti nel mondo a partire dagli anni Ottanta. Uno tra i più noti – come riportato all’epoca da vari organi di stampa – è quello condotto in Germania nel 2021 da due ricercatrici universitarie: per studiare gli effetti delle relazioni tra umani e robot, le due studiose hanno eseguito dei test su 48 studenti impegnati in dialoghi con un robot umanoide.

Nel corso delle conversazioni la macchina toccava per qualche secondo, in forma apparentemente spontanea, il dorso della mano di alcuni partecipanti. In risposta al tocco del robot, la maggior parte degli studenti ha sorriso, e nessuno si è sentito a disagio. Non solo: i partecipanti che erano stati accarezzati si sono in seguito dimostrati più inclini a proseguire le conversazioni con la macchina e hanno dato valutazioni alte verso il robot nei questionari a conclusione dei test.

Se la carezza di una macchina rende dunque, più empatici dei ragazzi verso la macchina stessa, quanto più un semplice tocco, un buffetto affettuoso, una pacca sulla spalla potrebbero ridurre lo stress e avere effetti positivi nelle relazioni tra docenti e alunni?

Gabriele Ferrante

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