Categorie: Precari

Commissione europea condanna Italia per abuso precariato, si aprono le porte dell’assunzione per 140 mila docenti supplenti

Si avvicina l’assunzione per i 140 mila docenti italiani precari che ogni anno vengono assunti e licenziati al termine delle attività didattiche: la Commissione europea si è infatti schierata contro l’abuso dei contratti a termine di cui in Italia si fa un uso smodato malgrado la normativa e le indicazioni Ue lo vietino espressamente.
Attraverso delle osservazioni ineccepibili, divenute pubbliche in queste ore, la Commissione di Lussemburgo ha reputato pertinente la denuncia, presentata prima di tutti dall’Anief nel 2010, sulla mancata adozione della direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato. Una direttiva che, vale la pena ricordarlo, prevede che scatti l’assunzione a titolo definitivo per tutti quei dipendenti che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo.
Ora, alla luce di tale giurisprudenza, la Commissione si chiede se “per garantire una certa flessibilità negli organici della scuola per far fronte, senza oneri eccessivi per lo Stato, a variazioni imprevedibili della popolazione scolastica sia veramente necessario autorizzare l’amministrazione a ricorrere ad una successione di contratti a termine senza alcun limite quanto al numero dei rinnovi contrattuali e alla durata complessiva del rapporto”.
“Ben si potrebbe – continua la Commissione – in effetti realizzare tale obiettivo anche prevedendo un numero massimo di rinnovi del contratto concluso con ciascuna unità di personale temporaneo o fissando un tetto massimo alla durata di detto contratto”.
La conclusione della Commissione europea è inequivocabile. “In tali circostanze, non sembra si possa ritenere che la legislazione italiana sul reclutamento del personale docente e ATA a termine contenga criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare, in concreto, se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito”.
Quindi, “il ricorso a contratti a termine successivi per la copertura di vacanze in organico che tale legislazione consente non può pertanto considerarsi giustificato da ragioni obiettive come previsto dalla clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “la Commissione Ue non fa altro che confermare quello che il nostro sindacato sostiene da quattro anni e che nel 2012 ha portato il sottoscritto a consegnare a Bruxelles e Strasburgo migliaia di denunce relative ai precari italiani per la reiterata violazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE. Senza dimenticare la messa in mora dell’Italia da parte sempre dell’Ue in merito alla procedura 2124/10 relativa al personale Ata della scuola”.
La Commissione Europea ha quindi di fatto rifiutato la sentenza della Cassazione che, avallando la Legge 106/2011, aveva derogato lo Stato italiano dall’adottare le indicazioni Ue. E ha fatto bene l’Anief a predisporre di recente un modello di risposta, corredato di alcuni allegati, da inviare alla Commissione al fine di integrare la denuncia iniziale: il sindacato li utilizzerà a supporto delle cause che saranno discusse alla Corte di giustizia europea sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’unione, su cui la Ue ha presentato osservazioni scritte.
“Il Governo italiano – continua Pacifico – farebbe bene a tener conto di queste indicazioni della Commissione europea. Non si può continuare a lasciare precario il personale in presenza di diverse decine di migliaia di posti vacanti e disponibili. È dal 1970 che l’Italia abusa del precariato: oggi è venuto il momento di dire basta. Altrimenti la giustizia arriverà dalle sentenze d’Europa. È sarà un conto molto salato, perché – conclude il sindacalista Anief-Confedir – ogni sentenza potrebbe portare una multa di ben 8 milioni di euro a sentenza. Purtroppo a carico dei contribuenti, che non c’entrano nulla.
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