Attualità

Compensi fondo d’istituto. Il Dirigente Scolastico deve fornire nominativi e importi

Ancora una pronuncia sulla vexata quaestio della possibilità di conoscere o meno come sono stati erogati i compensi accessori al personale scolastico.

Com’è noto, le scuole – anche su indicazione dell’ARAN- rifiutano di rendere pubblici nominativi e compensi, ritenendo sufficiente la comunicazione delle somme complessive erogate (cosiddetti “dati aggregati”), senza indicazione dei beneficiari, accampando ragioni di privacy.

Privacy o trasparenza?

In effetti, a suo tempo il Garante per la Privacy aveva ritenuto che “il quadro normativo non consente agli istituti scolastici di comunicare alle organizzazioni sindacali i nominativi dei docenti e di altro personale e le somme liquidate a ciascuno per lo svolgimento di attività finanziate con il cd. fondo di istituto”, ritenendo sufficiente la comunicazione del “solo ammontare complessivo del trattamento accessorio distribuito, eventualmente ripartito “per fasce” o “qualifiche”, senza comunicare i nominativi e le somme erogate individualmente a titolo di compenso accessorio”.

Tuttavia, un sistema che escludesse ogni forma di verifica e di controllo sull’operato del Dirigente, creerebbe una zona franca dell’Amministrazione, in cui sarebbe possibile attribuire denaro pubblico senza alcuna forma di controllo ex ante (attraverso la negoziazione) e persino ex post con l’informazione successiva o a seguito di istanza di accesso.

La sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato è da tempo intervenuto sulla questione, con sentenza n. 4417/2018.

Con tale pronuncia, il Giudice Amministrativo ha affermato che le organizzazioni sindacali sono “parte del complesso procedimento di formazione del Fondo di istituto nonché di accesso allo stesso da parte dei lavoratori e di ripartizione delle risorse finanziarie”.

Per tale ragione, tali organizzazioni hanno diritto di “conoscere tutti i documenti delle procedure di formazione, accesso, ripartizione e distribuzione delle somme contenute nel fondo, senza che l’Amministrazione possa ridurre tali informazioni, trattandosi di un accesso partecipativo e non solo conoscitivo, “la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

I “dati aggregati”

Anche il Tar del Friuli, con sentenza  n. 42/2021, ha ritenuto illegittima la decisione della scuola di fornire unicamente “i dati aggregati”, osservando che  “il dato aggregato non consente di verificare se vi è stata una corretta distribuzione del fondo.

Si potrebbe infatti creare il paradosso che un ipotetico fondo di 1.000 euro, destinato a 10 docenti, venga suddiviso assegnando 10 euro a 9 docenti e 910 euro ad un unico docente.

La sentenza del Tribunale di Frosinone

Il Tribunale di Frosinone, con sentenza depositata il 12 ottobre 2021, ha accolto il ricorso proposto da varie sigle sindacali, avverso la mancata consegna dei prospetti analitici con i nominativi del personale utilizzato nelle prestazioni aggiuntive con l’indicazione, per ciascuno di loro, delle attività, delle ore impegnate e dei relativi compensi accessori.

Secondo il Tribunale, il parere del Garante della Privacy non tiene conto del fatto che le organizzazioni sindacali sono parti (e non terze) rispetto al procedimento di formazione, ripartizione e distribuzione delle risorse del fondo di istituto, cosicché esse vantano “una legittimazione ed un interesse (interni e) accentuati a conoscere ogni particolare della procedura stessa, onde poter svolgere pienamente e compiutamente il proprio mandato sindacale.

Una zona grigia

Il rifiuto di fornire i dati analitici potrebbe portare all’inaccettabile creazione di una zona grigia all’interno della pubblica amministrazione, nella quale sarebbe possibile elargire denaro pubblico al riparo di qualunque forma di controllo.

Senza dimenticare che non si può escludere che in una scuola vi sia anche qualche parente stretto del dirigente scolastico, che potrebbe aver percepito un lauto compenso all’insaputa di tutti.

Rischio di corruzione

Non a caso, l’autorità Anticorruzione ha lanciato da tempo un allarme, individuando nell’assegnazione di incarichi all’interno delle scuole un potenziale rischio di corruzione.

Con Delibera n. 430 del 13 aprile 2016, l’Anac ha riferito che “nel corso dell’attività istruttoria finalizzata all’adozione da parte di ANAC dell’Aggiornamento 2015 al Piano nazionale anticorruzione” “è emersa l’esigenza di fornire specifiche indicazioni e direttive in apposite Linee guida sull’applicazione della normativa di prevenzione della corruzione e trasparenza alle istituzioni scolastiche statali”.

L’Agenzia ha individuato come “evento rischioso” proprio l’“Attuazione di discriminazioni e favoritismi al fine di avvantaggiare o svantaggiare particolari soggetti” ed ha ritenuto quale necessaria “Misura di prevenzione” la “Pubblicazione tempestiva degli incarichi conferiti e dei destinatari, con indicazione della durata e del compenso spettante (art. 18 d.lgs. 33/2013)”.

Francesco Orecchioni

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