Continuano le polemiche (e le proteste) sul disegno di legge in materia di competenze non cognitive che pochi giorni fa è stato approvato dalla Camera dei deputati in modo quasi plebiscitario.
Se si va a leggere con attenzione il testo del provvedimento ci si accorge però che si tratta di polemiche degne di miglior causa.
Innanzitutto va detto che per ora il disegno di legge è stato approvato solo dalla Camera, mentre ancora il passaggio al Senato che potrebbe introdurre modifiche più o meno significative (senza considerare che non è neppure detto si riesca ad arrivare ad una approvazione definitiva entro il termine della legislatura).
Ma soprattutto è l’impianto complessivo del progetto di legge che deve far riflettere.
L’aspetto che più di altri deve far riflettere è contenuto nel primo comma dell’articolo 3: “Con decreto del Ministro dell’istruzione, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il Consiglio superiore della pubblica istruzione, sono stabiliti i criteri generali per lo svolgimento, a partire dall’anno scolastico 2022/2023 e per un triennio, di una sperimentazione nazionale ai sensi dell’articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, finalizzata allo sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi scolastici”.
In altri termini prima di tutto bisognerà attendere l’entrata in vigore della legge e il successivo decreto ministeriale.
Ora, conoscendo i tempi dei lavori parlamentari è davvero difficile credere che il disegno di legge venga approvato entro una data che consenta l’avvio della sperimentazione già a partire dal settembre 2022.
E’ molto più probabile, invece, che si slitti all’anno 2023, sempre ammesso che il provvedimento venga fatto proprio anche dal Senato; in questa ipotesi la sperimentazione dovrebbe durare per il triennio 2023/2006.
L’altra questione, del tutto dirimente, è però ancora un’altra: l’adesione al progetto di sperimentazione sarà del tutto volontaria, cioè le scuole potranno partecipare o meno sulla base di una loro libera scelta.
Inoltre, al termine della sperimentazione, il Ministero dovrà presentare al Parlamento una relazione sugli esiti della sperimentazione stessa; e solo al termine di tutta questa procedura (e dunque a partire dal 2026/27) si potrà finalmente modificare le Indicazioni nazionali sia del primo che del secondo ciclo di istruzione.
Insomma, a conti fatti le polemiche che si sono aperte sulla vicenda sembrano davvero una tempesta in un bicchiere d’acqua.