Gli ultimi dati completi di cui disponiamo sono quelli di Eurostat e non sono lusinghieri. Incoraggianti sì, ma non soddisfacenti: dall’ultimo report dell’Agenzia statistica dell’Unione Europea datato 2021, emerge per l’Italia una situazione di complessivo miglioramento, con incrementi generali del 10% dei valori nel biennio 2020-2021 e una riduzione del divario rispetto alla media UE. Inoltre, si rileva una percentuale di utenti Internet superiore all’80% della popolazione, ma con una maggioranza ancora senza competenze digitali di base (54%). Nonostante questi miglioramenti di carattere generale, i ragazzi italiani riportano bassi livelli di competenze informative e di navigazione (35%). Anche i livelli di competenze creative e produttive sono piuttosto scarsi (38%), mentre migliorano quelli relativi a competenze tecniche e operative (56%) e comunicative e relazionali (65%).
E’ un problema strutturale del nostro sistema scolastico? Un errore metodologico di fondo che non permette agli studenti di acquisire competenze digitali valide e utili per l’ingresso nel mondo del lavoro?
Cominciamo dalla definizione di competenza digitale, una delle otto competenze di cittadinanza individuate dall’Unione europea. Secondo il Parlamento e il Consiglio europeo, la competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet.
Nel Piano d’azione per l’istruzione digitale 2021-2027 della Commissione Europea sono state individuate due priorità strategiche che riguardano la Scuola: la promozione dello sviluppo di un ecosistema europeo dell’istruzione digitale e il potenziamento delle competenze digitali (intese come conoscenze, abilità e attitudini) di tutti gli studenti per la trasformazione digitale
Come si può leggere sul sito dell’Invalsi, si tratta di una sfida raccolta da tutti i Paesi dell’Unione europea, che hanno avviato raccolta di dati, azioni programmatiche e lavorato per la valorizzazione del digitale e per la costruzione di una visione innovativa della Scuola, aprendosi all’accoglienza di nuovi percorsi e paradigmi educativi.
Ma, tornando alla questione metodologica, quali sono gli approcci finora usati dalle nazioni europee per lo sviluppo delle competenze digitali nella Scuola? Sempre secondo l’Invalsi, gli approcci sono sostanzialmente tre: uno che potremmo definire interdisciplinare, in cui le competenze digitali sono considerate trasversali e quindi insegnate in tutte le materie del curricolo. Tutti gli insegnanti condividono la responsabilità di sviluppare le competenze digitali. Il secondo approccio è il cosiddetto soggetto separato, in cui le competenze digitali vengono insegnate come un’area disciplinare distinta, simile ad altre tradizionali competenze disciplinari. C’è, infine, l’approccio integrato: le competenze digitali sono incorporate nel curricolo delle altre materie e delle altre aree di apprendimento.
L’Italia e la Finlandia sono gli unici due Paesi europei in cui la competenza digitale viene insegnata solo come competenza interdisciplinare. A metodologia uguale, però, non corrisponde uguale profitto: gli studenti finlandesi occupano il primo posto nella classifica delle competenze digitali, gli italiani caracollano nella parte bassa della graduatoria. Perché?
Il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione verso lo spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030) sottolinea l’importanza di migliorare le competenze e la motivazione professionale degli insegnanti. È possibile che in Italia questa strada sia ancora da percorrere?
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