A domande che spesso ci si pone negli ultimi anni, come “davvero gli studenti non sanno più scrivere? In quale direzione va l’italiano?” prova a dare una risposta una ricerca avviata nel 2016 da IPRASE sulla base della creazione di un corpus di tremila compiti scritti all’Esame di Stato del secondo ciclo che coprono l’arco di tempo dal 2001 al 2016, dal titolo “Come cambia la scrittura a scuola”, a cura di Michele Ruele e Elvira Zuin, che ha visto la luce in questi giorni.
L’obiettivo di un lavoro dallo spessore accademico, ma divulgativo e accessibile, è stato principalmente quello di andare a scoprire la scrittura, in particolare quella scolastica, per verificare quali siano le caratteristiche e lo sviluppo dei caratteri dell’italiano contemporaneo. L’opera è stata realizzata grazie alla collaborazione della Fondazione Bruno Kessler, con uno strumento informatico specifico, che ha fornito i primi dati per un’analisi condotta sulla base dell’identificazione di 28 tratti linguistici desunti dagli studi sull’italiano.
Quali sono dunque le competenze linguistiche che gli studenti maturano al termine del secondo ciclo di istruzione? Nella ricerca dell’istituto trentino emergono diversi elementi che possono illuminare lo stato dell’arte di questo specifico settore delle competenze degli studenti italiani, attraverso la risposta ad alcune di queste domande: quanto sono esposti quotidianamente alla lingua orale e alle consuetudini invalse nella comunicazione virtuale? E quanto sono influenzati dalla lingua quotidiana? I ricercatori dell’IPRASE cercano di rispondere alle numerose sollecitazioni che la ricerca ha aperto, soprattutto nella scoperta di quanto il linguaggio della rete e la cultura informatica stiano trasformando tutto il modo di comunicare, quanto determinino modificazioni nelle strutture linguistico testuali e nella percezione che ne abbiamo.
Il volume dell’IPRASE considera l’apporto che le tecnologie digitali possono dare per rilevare dati, per farlo in modi e con procedure innovative e, in generale, per penetrare negli elementi di novità e nelle tendenze che caratterizzano la lingua e la scrittura scolastica(pag. 10). Il sistema di analisi dei testi adottato dall’equipe trentina, creato appositamente per la ricerca, si basa su una doppia rilevazione da parte degli strumenti digitali prima, dei correttori poi, e costituisce un ottimo esempio di quanto le tecnologie possano agevolare l’osservazione di tratti linguistici, anche complessi, offrendo ai docenti l’opportunità di dedicarsi più all’interpretazione che alla quantificazione dei fenomeni, ai ricercatori la possibilità di effettuare indagini su vasta scala e su campioni significativi anche dal punto di vista statistico. Qualche conclusione: la sintassi tende a semplificarsi, o meglio la subordinazione tende a divenire più semplice, soprattutto attraverso la composizione di periodi con poche frasi e dipendenti solo di primo livello e subordinate “deboli” come le relative; nella scrittura dei compiti dell’esame di Stato gli studenti non osano, puntano a una lingua tutto sommato media, formale, senza forti escursioni; non si può parlare di deciso avvicinamento al parlato, in quanto gli studenti utilizzano una prosa tradizionale, da “norma sommersa”; anche le frasi fatte cui fanno ricorso sembrano manifestare la convinzione che elevino il registro della composizione (pag. 15). Nel generale processo di semplificazione sia della morfologia flessiva, sia della sintassi testuale, si vede in ogni caso prevalere lo stile caratterizzato da verbi coniugati e connettivi espliciti, rispetto ad altri strumenti espressivi e di architettura testuale di cui è evidente che gli studenti pure avrebbero bisogno, perché tendono ad utilizzarli senza padroneggiarli.
Carmelina Maurizio
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