In queste settimane è tornato galla il problema dei compiti a casa per le vacanze, alcuni dirigenti scolastici hanno suggerito di non assegnarli e anche diversi genitori si sono trovati d’accordo.
Ma come mai compiti a casa, verifiche e interrogazioni stressano così tanto lo studente? A intervenire in un’intervista a Repubblica è il pedagogista Daniele Novara, fondatore e direttore del Cpp (Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti).
Secondo l’esperto, la scuola di oggi crea competizione invece che apprendimento: “Si impara solo sbagliando: non esiste un piano B, solo facendo errori possiamo permettere ai bambini di apprendere qualcosa a scuola. Ma se lo sbaglio, come nelle prove Invalsi, diventa una minaccia, allora va a finire che i bambini e i ragazzi hanno più paura dello sbaglio che dell’apprendimento, una paura che li blocca. Si tratta di un problema metodologico della scuola”.
In questo contesto gli insegnanti hanno bisogno di un metodo, afferma Novara: “Bisogna dare agli insegnanti un metodo: non imporre solo “spiegoni” da ascoltare, ascoltare, ascoltare; ma lavorare col gruppo-classe, favorire la cooperazione e la collaborazione fra gli alunni, e fare esperienza. Faccio un esempio: chi studia storia dell’arte deve poter andare a vedere monumenti e musei, non è possibile che a Bologna ci sia chi ignora l’esistenza delle Sette chiese, è agghiacciante”.
“Una questione molto imbarazzante sono le chat dei genitori – dichiara l’esperto – che dovrebbero essere uno strumento di servizio e che invece sono un pollaio, qualcosa che crea disagio a tutti. Occorrerebbe proibire l’utilizzo promiscuo di queste chat, la scuola dovrebbe dare indicazioni precise e sfruttarle come broadcast unidirezionali senza possibilità di discutere fra i genitori stessi. Creare invece dei gruppi whatsapp dove i genitori possono discutere di tutto e di tutti è un pericolo e un equivoco. Rischia di diventare un brodo di coltura”.
Ecco alcuni consigli del pedagogista ai genitori: “Il genitore deve lavorare sulle autonomie del bambino o della bambina. Ci sono tappe precise, come racconto nel libretto “Educati e felici”: a tre anni via il pannolino di giorno e di notte, e basta dormire nel lettone, a quattro ci si veste da soli, a cinque ci si lava autonomamente, niente doccia con la mamma. I ragazzi sono indeboliti anche dall’isolamento, non si incontrano più con gli amici. Ai propri figli, poi, bisogna far fare delle esperienze, non lasciarli davanti a un tablet, altrimenti diventano ancora più fragili”.
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