Il nuovo anno scolastico è iniziato, ma per gli studenti il “vecchio” non è mai finito (solo per gli studenti italiani, ovviamente) visto il carico di “lavoro” imposto dai famigerati e assurdi “compiti per le vacanze”: ricominciano senza aver mai smesso; e ricominciano fin dal primo giorno, persino nelle scuole a tempo pieno; aberrazione, non solo pedagogica, insopportabile.
I compiti a casa devono essere vietati per legge almeno nelle scuole a tempo pieno. E’ inammissibile che dopo otto ore di reclusione, in aule più o meno anguste e sovraffollate, trascorse chini sui banchi ad ascoltare lezioni, svolgere verifiche, sostenere interrogazioni, bambini di 6-10 anni siano gravati da ulteriori impegni scolastici, tutti i giorni, nel fine settimana e durante le vacanze (che tali sono soltanto per i docenti, cioè per coloro che ne impediscono il godimento a chi ne ha diritto, gli studenti, appunto): una forma di morboso accanimento che rasenta la crudeltà mentale.
Basterebbe un minimo di buonsenso, di rispetto, di sensibilità, per evitare affanni, sofferenze, privazioni, conflitti famigliari, castighi, urla, pianti… che non hanno giustificazione alcuna e che suscitano odio per il sapere e repulsione per la cultura.
Che senso ha rimanere a scuola 8 ore, con brevissime interruzioni delle attività (intervalli sempre più brevi e trascorsi in classe, spesso seduti, come neppure in una caserma sarebbe tollerato) se poi si deve “studiare a casa”? Siamo di fronte a un paradosso pedagogico, e comunque alla patente, sistematica (e penosa) violazione di diritti fondamentali, al rispetto dei quali sono chiamati anche e soprattutto i docenti.
Il 27 maggio 1991, l’Italia ha ratificato, con Legge n.176, la «Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che sancisce, per ogni bambino/a e ragazzo/a, “il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…» (art.31).
L’assegnazione dei compiti ai bambini che frequentano le scuole a tempo pieno (pieno di cosa, ci si dovrebbe domandare e si dovrebbe spiegare), precludono l’esercizio del diritto testé richiamato; in altre parole, violano una legge che impone il rispetto di bisogni fondamentali, perciò si deve ritenere illegittima.
Il concetto ha da essere ben chiaro: non si tratta di auspici, peraltro pedagogicamente commendevoli, ma dei diritti sanciti dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, recepiti dalla legislazione dello Stato italiano, che non devono essere limitati o vanificati, e che possono essere invocati nel caso il cui azioni, comportamenti, pratiche individuali, sociali o istituzionali ne affievoliscano o pregiudichino il godimento.
Se i compiti a casa impediscono agli studenti di riposare, giocare, ricrearsi, avere tempo libero da dedicare ad “altre” attività, ebbene si configura non solo la sconcertante e riprovevole ignoranza di elementari principi di igiene mentale e fisica (sintomo di una spaventosa mancanza di umana sensibilità), ma anche un abuso gravissimo, passibile (e meritevole) di segnalazione ai dirigenti scolastici, al Ministero dell’Istruzione, al Ministero della Salute, al Ministero della Famiglia, ai Garanti dei diritti di bambini e adolescenti…
In tal caso, la tutela dell’integrità psicofisica del minore e il rispetto dei diritti normati prevalgono sulla “libertà di insegnamento” (altro dall’arbitrio, dall’insensatezza, dalla protervia), ciò che può legittimare l’intervento prescrittivo dei Ministri competenti, e in caso di omissione o latitanza, del dirigente scolastico.
Un provvedimento a costo zero che potrebbe riconciliare gli studenti con la scuola, e rasserenare i rapporti tra studenti e docenti, tra scuola e famiglia, tra genitori e figli, e che non pregiudica la qualità dell’insegnamento come hanno ampiamente dimostrano le più avanzate e consolidate esperienze di altri Stati europei, e il quotidiano impegno degli oltrei 800 insegnanti di ogni ordine e grado (iscritti al gruppo Facebook: “Docenti e Dirigenti a Compiti Zero”) che non assegnano mai compiti a casa, né durante l’anno scolastico né durante le vacanze, senza ricorrere a sperimentazioni, finanziamenti, incrementi di organico o aumento dell’orario scolastico, gli studenti dei quali hanno percorsi scolastici regolari: studiano, imparano e vanno a scuola volentieri.
Maurizio Parodi
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