Non è certo un dibattito nuovo, anche se qualcosa è cambiato.
Stiamo parlando dei compiti a casa. E’ giusto assegnarli o si possono lasciare i ragazzi liberi di passare i pomeriggi come meglio credono (o a svolgere altre attività para-scolastiche speso imposte dalla scuola). Qualcuno (i più ‘avanguardisti’) arriva a definirli non solo inutili e non controllabili, ma addirittura dannosi controproducenti. Un ostacolo, insomma, per l’apprendimento.
Altri, più contenuti e misurati, si limitano a sottolinearne l’inutilità, visto che, adesso, basta un colpo di ‘mouse’ o di intelligenza artificiale e l’allievo si trova i compiti perfettamente svolti, in pochi secondi. A questo punto gli educatori più moderni invocano l’adozione della didattica capovolta, o flipped classroom (non si può fare a meno dell’inglese!).
Quindi lezione a casa, in autonomia, tramite video, internet, collegamenti informatici o testi proposti dal docente e studio, svolgimento di esercizi (compiti) o verifiche a scuola, da soli o insieme ai compagni e al docente. Il ruolo nell’insegnate inevitabilmente viene a cambiare. Segue e guida l’allievo all’elaborazione attiva o alla risoluzione di compiti complessi.
In tutto questo, sinceramente, non vedo granché di veramente innovativo, se non la presenza sempre più pressante e purtroppo imprescindibile dell’intelligenza artificiale. Strumento (più di un semplice strumento) per rendere lo studio più efficace, rielaborare o meglio interiorizzare concetti o ragionamenti articolati e riuscire a coltivare un pensiero critico. Questo se usata con senno e responsabilità. Questo è il cambiamento vero relativo alla ‘querelle’ dei compiti a casa. Non altro.
Limitiamoci a poche, minime considerazioni.
– Copiare i compiti (almeno di alcune materie) assegnati per casa è quasi un rito o un elemento costitutivo delle dinamiche scolastiche da sempre, almeno per alcune tipologie di allievi. Ai miei tempi, secoli or sono, si telefonava ad un compagno di ‘fiducia’ o (i più ‘arditi’) si copiava rapidamente il compito, chiesto o preteso dai colleghi di studio diligenti, appoggiati ad un muretto, davanti all’entrata della scuola. Certamente poi, alcuni, per sfida o amore del rischio, si rifiutavano categoricamente di impegnarsi, in qualsiasi modo, per presentare al docente gli esercizi correttamente (o non correttamente) svolti, ma, allo stesso, tempo studiavano e s’impegnavano appassionatamente (con inventiva, astuzia e, diciamolo pure, intelligenza) per non essere, alle fine dell’anno, bocciati.
– Assegnare compiti a casa non è certo controproducente per l’apprendimento. Anzi, in questo modo, si permette all’allievo di riflettere con maggior calma e concentrazione e meglio analizzare e comprendere, in profondità, i temi affrontati in classe. Se poi la risoluzione di problemi o la comprensione di difficili tematiche viene affrontata non in solitudine ma insieme ad altri compagni, un lavoro di squadra (magari attraverso contatti da ‘remoto’) in cui ognuno seriamente cerca di dare il suo contributo, i compiti a casa avranno sicuramente efficacia e saranno, in seguito, proficui.
– Spesso il docente controlla (lavoro faticoso) i compiti assegnati a casa (tutti o a campione) e gli allievi devono essere attenti e pronti a consegnare all’insegnante i quaderni in ordine, con tutti i compiti correttamente svolti, anche se si trattasse di copiature meccaniche (un minimo sforzo di scrivere in fondo c’è stato!). Ma anche se questo controllo non si verificasse (o avvenisse soltanto durante un’interrogazione), i ragazzi dovrebbero avere il senso della scuola e sentire come un imperativo categorico portare a compimento, a casa, quanto indicato in classe. Operazione non facile è vero. Forse meno arduo (ma non scontato) è far capire ai discenti quanto un esercizio svolto nel dopo-scuola potrà dare i suoi frutti durante le interrogazioni orali o le verifiche scritte.
– Copiare o non copiare potrebbe poi essere un falso problema. So bene che molti allievi delegano alle macchine o qualcun altro questo ‘fastidio’ dei compiti ‘domiciliari’. Certo dovrebbero essere loro ad impegnarsi, anche sbagliando, ma se altri si sono affaticati al loro posto devono, poi, farsi spiegare ogni cosa. L’interrogazione, infatti, non deve limitarsi a vedere la correttezza del lavoro assegnato, ma, quasi dandola per ovvia (anche se così non fosse), indagare con minuziosità e precisione sulle procedure di cui l’allievo si è avvalso e a cui ha fatto ricorso, a casa, per arrivare al risultato (anche non giusto) e scandagliare, anche andando oltre il compito assegnato, le conoscenze e le capacità logiche, analitiche e interpretative dell’allievo. In questo modo si evidenzia chiaramente chi si è impegnato (anche con l’ausilio di un ‘precettore’) e chi non ha fatto nulla o poco. Chi sa (in modo completo o approssimato) e chi non conosce nulla della materia (o solo ciò che ha sentito in classe, se è stato attento).
– La scuola ‘capovolta’? Ma esiste già (anche se non ‘istituzionalizzata’). La vita di classe è un ‘cantiere aperto’ dove, alle didattiche tradizionali (a mio avviso fondamentali e inamovibili) si possono affiancare (e già si affiancano, a volte le sostituiscono) forme alternative di apprendimento, come la ‘scuola capovolta’: lezione a casa, studio ed esercizi a scuola, sotto la guida del docente. Una didattica questa, spesso naturale nel quotidiano ‘respiro’ della classe. Insomma, senza fare grandi rivoluzioni, nel sistema classe, pur rimanendo salde alcune prassi tradizionali, tutto si può sperimentare, con criterio, ovviamente e senza strappi né accelerazioni.
– L’unica vera novità è la presenza massiccia e pericolosa, nella scuola come nella vita, dell’intelligenza artificiale. Un suo uso ‘intelligente’ consente, indubbiamente di conseguire conoscenze, competenze e lucida capacità critica.
Se utilizzata bene, permette di aiutare a svolgere i compiti assegnati a casa in maniera attiva (non passiva e meccanica) e con risultati positivi.
Sì ai compiti assegnati a casa! Non aboliamoli, sono ancora utili e poi, adesso, ne diamo sempre così pochi!
Andrea Ceriani
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