In questo autunno, tra i vari temi caldi del mondo della scuola, sicuramente quello dei compiti per casa occupa senza dubbio i primi posti.
Anche il ministro Giannini ha espresso il suo parere, e in generale, come spesso capita in questi casi, si sono venuti a creare due fronti opposti: il primo fronte che è convinto della bontà e dell’importanza dei compiti a casa all’interno del percorso scolastico degli studenti; all’opposto, il fronte dei contrari ai compiti per casa, perchè ritenuti troppo nozionistici e di una quantità tale da far disinnamorare gli alunni verso la scuola, aumentando e migliorando piuttosto le attività didattiche a scuola e utilizzando nuove metodologie d’insegnamento alternative e maggiormente stimolanti.
Chi ha ragione? Alex Corlazzoli, del Fatto Quotidiano ha la sua risposta: “i compiti vanno dati ai genitori e ai maestri non ai bambini. Non sto scherzando. Serve ribaltare la questione: molti, pochi, niente? Il problema è la qualità. Dobbiamo riflettere su cosa sono i compiti. E lo devono fare per primi gli insegnanti. Devono dare a loro stessi il compito di chiedersi, che compiti sto assegnando ai miei ragazzi? Proveranno interesse a farli? Stimolerò la loro curiosità? Scopriranno qualcosa in più? Dovranno solo compilare, ripetere o potranno studiare giocando?”
Il giornalista e blogger del Fatto Quotidiano tira in ballo il maestro Gianfranco Zavalloni che ha sempre sostenuto: “Mettiamoci per un attimo nei panni di uno studente. Con quale piacere apprendiamo qualcosa controvoglia? Il piacere di leggere, di scrivere, di tradurre, di memorizzare, di far di conto, e più in generale, di apprendere, non può essere imposto. Anzi nel momento in cui è imposto non è più un piacere e diviene, perciò un disincentivo. Ed è quello che ho vissuto con i romanzi e la letteratura per i ragazzi. Si dovrebbe seguire il buon senso. Gli esercizi, i problemi da risolvere, i temi da svolgere dovrebbero essere svolti nelle ore di lezione. Per le altre situazioni si dovrebbero dare indicazioni circa attività culturali che verranno poi riprese in classe: disegni di tramonti, nuvole, alberi, fiori; inchieste; fotografie da portare in classe; ricerca di materiali; visione di filmati, telegiornali; ascolto di brani musicali, lettura di romanzi senza scadenze né compiti ulteriori”.
Ma Corlazzoni ne ha pure per i genitori: “E’ impossibile pensare a un compito come quello di andare a scoprire che cosa i romani o gli etruschi hanno lasciato nelle nostre città?” Oppure “possiamo il sabato o la domenica andare in libreria a scoprire qualche libro che davvero possa catturare l’attenzione dei nostri ragazzi? Si possono imparare le tabelline senza ripeterle, ma usando il materiale che ci ha lasciato Maria Montessori?”
Insomma, il maestro Corlazzoni nel suo intervento cerca di prendere parte al dibattito sui compiti a casa provando ad uscire dalle logiche nozionistiche che allontanano gli studenti dalla scuola, puntando su una trasformazione concettuale dei compiti, che garantisca una continua e costante ricerca del sapere, anche fuori dall’orario scolastico, che seguendo i modelli tradizionali, difficilmente possano produrre amore per lo studio.
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