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Compiti a casa si, compiti a casa no

Si discute ad ogni inizio di anno scolastico, per esempio, del carico dei libri che gli alunni sono costretti a portare da casa e scuola e viceversa, degli edifici scolastici che mancano dei requisiti essenziali di sicurezza e dei pericoli che potrebbero derivarne, dei compiti a casa che mettono in crisi le famiglie, ecc.
Basta che un quotidiano o un settimanale, alla ricerca dello scoop del giorno, tocchi il problema e intorno a questo si apre il dibattito.
Fino ad oggi, nell’anno scolastico appena iniziato, gli argomenti più… gettonati sono stati quello del peso degli zaini fino alla proposta dell’impiego del più leggero trolley e quello della mancanza di certificati di agibilità e di igienicità del 70% degli edifici scolastici. 
Se ne parla e straparla non solo sui mass media, ma persino dalle varie associazioni di consumatori.
Dopo qualche giorno torna il silenzio assoluto, non perché il problema sia stato risolto, ma perché intanto l’attenzione è stata fagocitata da un altro problema di vita scolastica quotidiana.
Fin qui per dire che questa volta a risvegliare l’attenzione sul problema dei compiti a casa è stato uno dei più diffusi settimanali italiani che ha raccolto il rumore che negli Usa stanno facendo alcuni saggi sull’argomento e le battaglie intraprese per abolire l’impegno dei ragazzi tra le pareti famigliari.
‘Panorama’, dopo una copertina da cui una ragazzina dagli occhi radiosi e dallo sguardo pensoso compare tra due pile di libri mentre giocherella con una biro, dedica all’argomento sei pagine, tra testo, fotografie, schemi e prospetti e ne fa quasi un dossier che titola “Compiti a casa/famiglie sull’orlo di una crisi di nervi”.
Non mancano, nel servizio i richiami alla situazione in taluni Stati europei né, come ovvio, le interviste ad uomini di scuola.
Ottima la scelta degli intervistati anche se riduttiva. 
Da una parte il maestro elementare Mario Lodi, ultraottantenne, ancora attivo educatore, tra i più grandi autori viventi di letteratura infantile e di opere di grande valore pedagogico, noto, fra l’altro, per le campagne contro i danni della televisione sulla crescita dei ragazzi.
Dall’altra, Marco Rossi Doria, figlio del grande meridionalista, cui va il merito di aver portato la scuola nelle strade di una delle città più problematiche, scolasticamente parlando, d’Italia, Napoli. Più noto come maestro di strada, che memore della famosa parabola della montagna andata da Maometto, Marco Rossi Doria, visto che i ragazzi non andavano a scuola pur di stare per la strada, ha portato la scuola in strada.
Non staremo a ripetere le conclusioni della rivista, ma non possiamo non sottolineare come da sempre i compiti a casa siano stati fonti di conflitti, di attriti e, persino, di braccio di ferro tra la scuola e la famiglia.
Ci troviamo di fronte ad un problema fino ad oggi irrisolto, ma forse pure irrisolvibile una volta per tutte. Intorno ad esso s’è mosso il fior fiore dei pedagogisti, degli psicologi, dei sociologi, ecc. si anche dei sociologi visto che è stato pure scritto e sostenuto che qualsiasi rinvio sistematico dello studio tra le pareti pomeridiane in realtà è solo un rimando, per non dire, la riconferma, alle disuguaglianze sociali.
Così gridavamo, pur senza essere contestatori…professionisti, nel Sessantotto. Così sostenevano gli alunni di don Lorenzo Milani nella famosa Lettera a una professoressa, ragazzi di una scuola a tempo pieno, anzi pienissimo, visto che a Barbiana si studiava, a scuola, dall’alba al tramonto, per trecentosessantacinque giorni, domeniche e festivi compresi.
La scuola, oggi come sempre del resto, presenta una varietà di modelli e non solo con riguardo ai tempi e agli orari in cui si articola, ma pure relativamente alle potenzialità d’insegnamento degli insegnanti e di apprendimento degli alunni e, soprattutto, alle stimolazioni che famiglia ed ambiente riescono ad assicurare fuori dall’orario prettamente scolastico.
In linea di massima, è più facile condividere l’opinione di chi ritiene che tutto debba essere dato dalla scuola e non di chi sostiene la compartecipazione della famiglia ai processi di apprendimento degli alunni sollecitati dalla scuola. Anche se si corre il rischio di essere accusati di voler tutto delegare alla scuola.
Il problema, in verità, chiama in causa il ruolo della famiglia e dell’extrascuola dei vari contesti in cui è ubicata la scuola.  
C’è stato chi si è pure domandato a che serve studiare a scuola, stare attenti a scuola, se poi a casa si deve fare il resto, se la scuola all’indomani giudicherà da quello che si è studiato a casa. Non è facile contraddire.
Il problema, come si vede, è di una complessità unica, forse è tra i più complessi della scuola dei nostri tempi.
Oggi esiste uno strumento abbastanza efficace per soluzioni a misura degli alunni di ciascuna istituzione educativa. Questo strumento è l’autonomia, intesa quale capacità di progettare, organizzare, gestire ecc. una scuola a misura del contesto di vita degli alunni. 
Occorre allora riscoprire, finalmente, tutte le potenzialità ancora inesplorate di questo fattore di rinnovamento e di trasformazione, che a tutt’oggi non ha trovato cittadinanza nella maggior parte delle scuole italiane.
Scuola autonoma non significa, dobbiamo ripetere all’infinito, scuola che si è impelagata nella realizzazione straripante di progetti che tante volte arrecano disturbi all’efficacia dell’intervento educativo anche se apparentemente, solo apparentemente, ne facilitano l’efficienza.
L’overdose di progetti, realizzati più in vista dei finanziamenti integrativi, o aggiuntivi che dir si voglia, non è l’autonomia vera di cui ha bisogno la scuola per risolvere i suoi reali problemi, i problemi dell’istruzione della crescita dei suoi alunni.
La scuola, quella che tale può essere detta, che educa e forma veramente, non ha bisogno del bollino blu, né di essere in competizione con tutte le altre, né di occupare le pagine delle cronache dei giornali esibendo quotidianamente i progetti, ma deve essere in grado di risolvere dal suo interno tra gli altri problemi anche questo dei compiti a casa.
La scuola dell’autonomia è quella che apre le porte ai genitori, che insieme ad essi trova l’equilibrio anche tra la attività da svolgere a scuola e quelle extrascolastiche svolte impegnando pure i genitori.
Giuseppe Guzzo

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