Sulla questione dei compiti a casa si sta sviluppando sui social network un interessante e acceso dibattito.
Ovviamente i pareri non sono uniformi, anzi spesso divergono.
Uno degli aspetti che più di altri sembra interessare i docenti è quello dei compiti a casa per il fine settimana.
E’ giusto assegnarli o è meglio permettere agli alunni di dedicare il fine settimana ad esperienze significative sia sotto l’aspetto culturale sia sotto il profilo sociale?
A sostegno della tesi che nel fine settimana non si possono assegnare compiti e che nella giornata del lunedì non si possono neppure interrogare gli alunni molti fanno riferimento ad una circolare ministeriale del 1969 (precisamente la n. 177 del 14 maggio di quell’anno) che così recita:
“Questo Ministero è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno”.
I sostenitori di questa tesi aggiungono anche che tale circolare non è mai stata modificata o abrogata.
In proposito bisogna però fare un po’ di chiarezza.
Intanto va detto che le circolari si trovano all’ultimo scalino delle fonti normative, dopo decreti, regolamenti e leggi (sopra a tutto quanto stanno ovviamente le norme costituzionali).
Va poi aggiunto che dopo il 1969 non poche leggi sono intervenute a normare il funzionamento delle scuole: si va dai “decreti delegati” del 1974 fino agli ordinamenti del 2009.
Soprattutto va tenuto conto che il DPR 275/99 (e cioè il regolamento dell’autonomia) riconosce alle istituzioni scolastiche piena autonomia in materia organizzativa, didattica e di ricerca.
Tanto è vero che, ormai, di circolari ministeriali che “prescrivono” e “dispongono” non ve ne sono più (le stesse circolari su iscrizioni, esami, scrutini, ecc.. – a ben vedere – danno istruzioni più che altro sulle procedure e sulla scadenze)
Prendiamo ad esempio un altro problema, quello delle gite scolastiche e ragioniamo per analogia.
Con una nota dell’11 aprile 2012 (si badi, una nota e cioè neppure una circolare !) il Miur chiariva che “a decorrere dal 1° settembre 2000, il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”, emanato con il D.P.R. n. 275/1999, ha configurato la completa autonomia delle scuole anche in tale settore [e cioè in quello delle gite scolastiche]; pertanto, la previgente normativa in materia (a titolo esemplificativo, si citano: C.M. n. 291 del 14/10/1992; D.L.vo n. 111 del 17/3/1995; C.M. n. 623 del 2/10/1996; C.M. n. 181 del 17/3/1997; D.P.C.M. n. 349 del 23/7/1999), costituisce opportuno riferimento per orientamenti e suggerimenti operativi, ma non riveste più carattere prescrittivo”.
Sarebbe davvero curioso se su tema come quello dei compiti a casa, che riguarda anche la libertà di insegnamento, le scuole fossero “tenute per mano” dal Ministero.
Senza dimenticare, infine, che l’articolo 117 della Costituzione richiama espressamente l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
Detto tutto ciò è ovvio che non sarebbe male se le scuole affrontassero il problema cercando di adottare soluzioni condivise e trasparenti dichiarando in modo esplicito nel proprio POF e nel regolamento di istituto quali sono i criteri a cui i docenti decidono di attenersi.
Ma, parlare di una circolare ministeriale del 1969 come fonte certa per dirimere una questione che è innanzitutto culturale e pedagogica ci sembra davvero fuori luogo.
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