Il Ministro dell’Istruzione marco Bussetti, ha ragione nell’invitare gli insegnanti ad assegnare meno compiti per le vacanze agli studenti. Lo dicono i lettori della Tecnica della Scuola attraverso una breve rilevazione sulla nostra pagina Facebook.
Complessivamente hanno partecipato alla rilevazione 455 utenti, di cui il 56% si è detto d’accordo con Bussetti, mentre il restante 44% ritiene sbagliata tale indicazione.
Ci sono stati pareri nettamente contrari, come si legge sui commenti sotto il post: “Gli alunni vanno PIEGATI ALLO STUDIO. Chiunque sostenga il contrario non e’ adatto ad insegnare. C’è tanto bisogno di agricoltori…. fatelo!“; “Certo assegnano sempre meno mi raccomando non associamo nessuna forma di impegno. Anche perché la notte devono dedicarla alle serate mica ad andare a letto alle nove“.
Ma anche commenti favorevoli: “Non li do da anni“, oppure “Pienamente d’accordo“.
Non sono pochi tuttavia i pareri “mediatori”: “Basta il buonsenso, non servono ordini dall’alto“, “Ogni cosa può essere fatta con razionalità, senza eccedere. Questo vale anche per i compiti a casa“.
Tuttavia, in molti non hanno apprezzato la presunta ingerenza del Ministro: “ma quanta ingerenza!!”, “Decido io, non lui!“.
Proprio su questo ultimo punto si è concentrato il dibattito in questi giorni: L’autonomia delle istituzioni scolastiche e la libertà di insegnamento sono valori costituzionalmente garantiti e qualsiasi intervento esterno che tenda a limitarli è di per sé rischioso. Ne è convinto, ad esempio, il segretario nazionale Unicobas Stefano d’Errico: “E’ bene che Bussetti faccia il Ministro, il codice deontologico dei docenti lo devono scrivere i docenti. Sarebbe come se il ministro della sanità suggerisse ai medici i farmaci da prescrivere”.
Anche Rino Di Meglio, della Gilda, ha espresso parere negativo: “Sarebbe preferibile se il ministro Bussetti si occupasse di altre questioni, commenta Di Meglio, decisamente più di sua pertinenza, come il reperimento dei fondi per il rinnovo del contratto, dal quale i docenti e tutto il personale della scuola si attendono un aumento degli stipendi, e la messa in sicurezza degli edifici scolastici che al Sud, purtroppo ancora in molti casi, crollano a pezzi mettendo a repentaglio l’incolumità di chi lì studia e lavora”.
(1) C. M. 20 febbraio 1964, n. 6: Compiti scolastici da svolgere a casa e in classe.
“Alla formazione culturale dell’alunno concorrono sia l’azione didattica, attuata nella più viva collaborazione tra docente e discenti, sia il ripensamento individuale realizzato con lavoro personale dell’alunno a casa. Ma di questi due momenti della preparazione culturale il primo è quello che più profondamente e durevolmente incide nello spirito dell’alunno; se esso difetta, difficilmente l’altro momento potrà consentirne un integrale recupero. (…) Costringere i giovani ad aggiungere alle quattro o cinque ore di scuola altrettante, o anche più, ore di studio individuale a casa, oltre agli eventuali riflessi dannosi sotto il profilo igienico, contribuisce a determinare una preparazione lacunosa (per le scelte inevitabili che i giovani sono indotti di volta in volta a fare, quando non possono fronteggiare l’intero sovraccarico) e precaria, per l’impossibilità di una serena e approfondita maturazione delle conoscenze. (…) L’esigenza di dosare opportunamente il lavoro scolastico non concerne soltanto i compiti da eseguire a casa, ma anche quelli da eseguire in classe, allo svolgimento dei quali un malinteso rispetto degli orari prestabiliti induce talvolta il docente a non attribuire il tempo necessario. Tali compiti sono in effetti particolari forme di lavoro individuale indispensabili per la formulazione di quei giudizi, che la scuola deve pur esprimere.
(2) C.M. 30 ottobre 1965, n. 431 – dopo le Interrogazioni parlamentari sui compiti a casa.
“Un sovraccarico degli impegni di studio o la concentrazione di essi in alcuni giorni nuoce alla salute dei giovani, sia al processo di maturazione culturale, che non può essere costretto in schemi innaturali. Peraltro non si ritiene ora possibile fornire più particolari indicazioni o imporre drastici divieti, senza interferire indebitamente nella responsabilità che è deferita agli insegnanti di sviluppare i programmi e di formare convenientemente i loro alunni. Prescrizioni drastiche in materia sarebbero, d’altra parte, inopportune in rapporto alla varietà di condizioni in cui si compie l’insegnamento e alla necessità di contemperare le varie e non sempre concordi esigenze delle famiglie”.
(3) C. M. 14 maggio 1969, n. 177 sul riposo festivo degli alunni.
“(…) L’incidenza sempre più viva ed efficace sui giovani delle manifestazioni collaterali non proprie della scuola, quali le attività sportive, ricreative e artistiche, inducono a considerare da un angolo visuale più ampio tutti i fattori e le componenti che concorrono, insieme e ad integrazione della tradizionale preparazione culturale dei giovani ai fini meramente scolastici, alla crescita e al completamento della personalità in vista dei successivi traguardi che la vita porrà dinanzi a ciascuno di essi. (…)Non deve accadere che i libri di testo prevalgano sulla percezione del mondo esterno che ogni studente deve aver modo di cogliere e di elaborare, libero dell’ambito scolastico”. (…) Inoltre, va considerato che nelle giornate festive moltissime famiglie italiane, trovano l’unica occasione di un incontro dei propri membri più disteso nel tempo. (…) Questo Ministero (ndr.: Aggradi) è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno”.
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