Hanno copertine colorate e invitanti, costano tra i 5 e i 10 euro, si chiamano “cahiers de vacances” e costituiscono una bella fetta del mercato del libro, visto che ogni anno le famiglie francesi ne comprano circa cinque milioni di esemplari. La vendita raggiunge il suo apice in questi giorni in cui, tra una nuotata e un gioco con gli amici, gli alunni in vacanza sono obbligati a fare gli esercizi di grammatica, matematica, scienze, lingue straniere proposti dal loro quaderno delle vacanze sotto gli occhi attenti delle mamme che vegliano affinché i loro figli non perdano, durante l’estate, quello che hanno acquisito sui banchi di scuola.
E ogni anno, immancabile, si apre il dibattito: ma sono poi davvero così utili i “cahiers de vacances”? Hanno realmente un interesse pedagogico? Agnès Florin, docente emerita di psicologia infantile e dell’età evolutiva all’università di Nantes, ne è convinta a metà. Intervistata dal quotidiano La Croix, la professoressa afferma che questi libri per le vacanze non riducono le difficoltà degli alunni, ma servono soltanto a mantenere vive le conoscenze acquisite durante l’anno. Da questo punto di vista, dunque, non svolgono un ruolo importante, dato che all’inizio dell’anno scolastico le prime settimane sono generalmente dedicate a riprendere gli apprendimenti dell’anno precedente. Tuttavia – continua l’esperta – esercitarsi durante le vacanze non può certo fare male.
Di un avviso più tranchant è Marie Duru-Bellat, sociologa e docente a Sciences-Po, una delle università più prestigiose di Parigi: a comprare e a utilizzare i cahiers de vacances sono, di norma, gli alunni più bravi e ligi al dovere e questo, ovviamente, non fa che accrescere le disuguaglianze sociali.
In ogni caso, qualunque cosa ne pensino esperti e psicologi, cinque milioni di libri venduti è una bella cifra che la dice lunga su quella che è stata definita “l’ossessione nazionale” del successo scolastico, un dato che priverebbe di ogni interesse la disputa tra i partigiani e i detrattori dei cahiers de vacances.
Qualche anno fa, infatti, il regista Stéphane Bentura ha trascorso alcuni mesi in una delle scuole medie d’eccellenza parigina, il Collège Carnot. Ne è venuto fuori un documentario di circa un’ora dal titolo chiaro e limpido, “Stress scolaire: l’obsession de l’excellence” , il cui bilancio è senza appello: in Francia il sistema di valutazione e la forte competizione strutturale procurano l’insuccesso anche di quegli alunni che, in linea di principio, avrebbero tutto ciò che occorre per riuscire negli studi. In buona sostanza, sembrerebbe che la paura dell’insuccesso sia più forte della voglia di riuscire, con la conseguenza che i ragazzi più fragili sono in qualche modo “predestinati” a soccombere.
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