A qualche ora dell’inizio della vacanze di Natale 2015, abbiamo capito che la maggior parte dei docenti italiani non assegnerà alcun compito per casa ai propri alunni: neanche una lettura e neanche un esercizio: libertà assoluta e assoluto riposo. E le vacanze infatti sono sinonimo di non lavoro, almeno di quello imposto, mentre per tanti altri le ferie sono l’occasione per intraprendere altri lavori graditi e che danno una grande soddisfazione interiore: quanti sono infatti coloro che, approfittano della pausa dagli impegni, si occupano di altro, a cominciare dagli hobby? E magari per leggersi un libro non contemplato dall’ordinamento scolastico?
Andando nel dettaglio, ben oltre il 56% dei nostri lettori, in maggioranza docenti, sulla base del nostro sondaggio, al quale hanno riposto in circa 500 nell’arco di appena una settimana, vuole che i propri alunni si godano le festività natalizie, con tutti i loro riti, sia familiari e sia religiosi, lasciando al rientro del 7 gennaio del nuovo anno tutte le ben note incombenze e le altrettante ritualità: dai compiti in classe e a casa, dalle interrogazioni, con le relative valutazioni, allo studio e alla rigidità delle ore scolastiche.
Vacanze in pieno “otium”, direbbe la ministra Stefania Giannini, benché lei intendesse altro, ma nelle linee generali significa pure approfittare della pausa natalizia per mettere di lato, e momentaneamente, i doveri che la scuola pretende e se li pretende bene, nel corso dell’intero anno, anche quindici giorni di pausa non incideranno di nulla, dicono alcuni esperti, sul rendimento generale dei ragazzi.
Quasi al 44% invece i prof che non vogliono sentire parlare di sole vacanze, di solo riposo e di sola dimenticanza dagli assilli della scuola, ai propri ragazzi, cosicché assegnano prove, esercitazioni, ripetizioni, esercizi agli alunni, con l’impegno, minacciato o promesso, della verifica a fine ferie. E ha poca importanza, secondo quanto richiedeva la nostra indagine, affrettarsi a dire che un solo esercizio o una sola lettura o un solo compito è diverso dall’assegnare più fardelli o più impegni o più gerle sulle spalle.
Il principio generale che abbiamo seguito è quello dei compiti a casa: si o no. Compiti che i gesuiti nelle loro scuole, e fin da quando ne ottennero il permesso, assegnavano regolarmente, sempre e in continuazione, e anche con buona dose di minacce di legnate che scattavano quando l’obbligo veniva disatteso, nella convinzione che bisognava imparare a correre con gli scarponi cosicchè, alla prima disputa con gli eretici, venisse semplice competere scalzi.
Ma quelli erano altri tempi, come ben descrive Salimbene da Parma nel 1200: domenicano, ma precursore di quella scuola che fra qualche secolo invaderà le corti europee.
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