Comunicato tieffino “sulla buona scuola” renziana

La Buona Scuola del Governo Renzi, dietro un piano di assunzioni difficilmente realizzabile nell’immediato e con coperture finanziarie piuttosto dubbie, opera una discriminazione tra profili di abilitati e un piano di tagli mascherato: se da un lato agli abilitati in GaE viene promessa l’agognata immissione in ruolo, dall’altro si pongono ai margini i nuovi abilitati TFA, relegandoli ad uno stato di disoccupazione in seguito all’abolizione delle supplenze brevi. La svalutazione del titolo di abilitazione, ora, è compiuta del tutto: se in passato esso serviva, in attesa del ruolo per scorrimento o per concorso, a ottenere incarichi annuali e supplenze temporanee, ora finirà per fungere esclusivamente da requisito di partecipazione per il concorso, con il rischio per molti, come dichiarava l’on.le Malpezzi in un’intervista a Orizzonte scuola, di dover cambiare lavoro in caso di mancato superamento di quest’ultimo.

Se è apprezzabile, infatti, da un punto di vista ideale, l’impronta meritocratica che sottende i principi guida della riforma, non lo è di certo il differente trattamento riservato ai docenti in GaE e agli abilitati in II fascia delle graduatorie di istituto. Pare che la meritocrazia debba valere, infatti, a senso unico, solo per i nuovi abilitati, cui si richiede abilitazione più concorso, ma non per i vecchi, tra i quali ci sono insegnanti che entreranno o sono già entrati in ruolo senza aver superato nemmeno una prova selettiva (gli abilitati con i corsi riservati del 2000 e del 2005). La mobilità territoriale su base nazionale degli abilitati in GaE e la creazione di un organico funzionale, inoltre, rappresentano veri e propri mezzi per tagliare le supplenze, provvedimenti che rischiano di azzerare le possibilità lavorative di chi ha conseguito l’abilitazione dopo quattro anni di sospensione dei percorsi.

Gli abilitati TFA, malgrado abbiano superato una triplice prova selettiva, si trovano ad essere privati degli incarichi di supplenza e della garanzia fornita da una graduatoria a scorrimento per il ruolo, oltre che ad essere relegati in un riquadro esplicativo del copioso fascicolo intitolato “La Buona scuola”.

Un caso emblematico, a sé stante, di disparità di trattamento è quello degli abilitati con primo ciclo di TFA, i quali hanno partecipato al percorso formativo nel rispetto di un numero di accessi  “determinato sulla base della programmazione regionale degli organici e del conseguente fabbisogno di personale docente nelle scuole statali (Art. 5, DM 249/10), e che oggi vengono definiti a pag. 40 delle Linee Guida “freschi di laurea ma ancora senza esperienza”, nonostante un’età media di 37 anni e un’anzianità di servizio non trascurabile nelle scuole di ogni ordine e grado.

Il Coordinamento degli abilitati TFA, di fronte al doppiopesismo operato dalla riforma renziana nei confronti dei docenti abilitati e al rischio concreto di vedersi consegnato un futuro di incertezza lavorativa, proporrà, in sede di consultazione istituzionale, l’unica proposta capace di contemperare le esigenze del merito e dell’anzianità di servizio:

  • la provincializzazione della seconda fascia delle graduatorie di istituto e la loro validità a scorrimento per il ruolo, in seguito al piano di assunzione da GaE;
  • l’indizione con cadenza biennale di concorsi a cattedra per soli abilitati, in modo da tutelare realmente il valore del titolo abilitante.

Dopo l’ipotetico assorbimento delle graduatorie ad esaurimento, infatti, il Coordinamento propone una fase transitoria di quattro anni (dal 2016 al 2019), in cui si procederà ad una reale normalizzazione del sistema secondo il rispetto del doppio canale di reclutamento: per il 50% le immissioni avverranno da concorsi biennali (2015-16 e 2018-19) e per il restante 50% dalle nuove GP ottenute dall’incrocio delle seconde fasce delle graduatorie di istituto su base provinciale, con un meccanismo normativo di scorrimento che garantisca l’equilibrio dei due canali, evitando quel surplus di assorbimento da graduatorie (criterio dell’anzianità) rispetto all’immissione da concorso (criterio del merito), verificatosi nel periodo 1999-2013 . Solo in questo modo, infatti, sarà possibile regolarizzare un sistema in modo imparziale, senza sacrificare una categoria di abilitati per coprire finanziariamente l’assorbimento di un’altra, disegnando così un sistema che, a partire dal 2019, con l’entrata a regime delle nuove lauree magistrali abilitanti, potrà prevedere l’unico e regolare canale di reclutamento concorsuale.

Arianna Cipriani, Domenico Prellino, Edoardo Ricci

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