Nonostante l’ingente e apprezzabile macro operazione di accoglienza rivolta ai profughi ucraini in fuga dalla propria terra, risulta realmente complesso rallegrarsi anche per una delle più belle notizie che possano giungere. Un conflitto in corso, immagini strazianti di civili uccisi, abitazioni residenziali ed intere città rase al suolo, auto date alle fiamme con un associato panorama lunare di certo non sono veicolo di sentimenti positivi e di un animo allegro. Gli ucraini che han trovato accoglienza e rifugio nel nostro paese di certo non rinunciano ad un evento religioso centrale legato alla risurrezione di Cristo con associate tradizione slave antichissime attinenti a quelle osservate nell’Impero Bizantino dal V all’XI secolo, prima della rispettiva dissoluzione. La pasqua ortodossa, celebrata una settimana a seguito di quella cattolica, richiede un’organizzazione minuziosa di pasti, cibo, messe e celebrazioni; è osservata anche da serbi, macedoni, bulgari, moldavi, romeni, ruteni, russi e russi bianchi.
Per una famiglia ucraina intenzionata a celebrare la pasqua la giornata di certo non consente riposo. La sveglia suona presto al mattino e gli abiti più eleganti attendono i membri e i fiori addobbano ogni lato dell’abitazione. Sull’uscio si collocano cestini stracolmi di viveri, acqua ed altri oggetti d’uso quotidiano da far benedire dal pope ortodosso che compie viaggi concentrici nel giardino della chiesetta locale, intenzionato ad incontrare i fedeli, provvedere loro benedizione ed ascolto. Il pasto centrale ha inizio successivamente al termine della celebrazione, al mattino, già dalle 10.00. I commensali terminano di servirsi il tardo pomeriggio tra telefonate, buoni auguri e qualche limitato riposo. Le scuole italiane si sono adoperate al meglio per rendere il tutto possibile.
Cucine aperte, sale mensa addobbate e personale volontario all’opera. Questo è il clima italiano per celebrare una pasqua inusuale, propria di culture vicine geograficamente che stiamo scoprendo grazie – o a causa – dell’ennesima tragedia umanitaria e bellica che colpisce le porte di un’Europa già frammentata e politicamente debole. Gli ucraini in fuga – specie donne con bambini – non hanno rinunciato a celebrare la pasqua ortodossa con la conseguente mobilitazione di numerosi istituti comprensivi delle maggiori città che hanno messo a disposizione ambienti, risorse e goia in questo periodo storico buio. Il fine – in ogni caso – resta sempre quello di creare un senso di comunità (laico) e comunione (religioso) con gli abitanti del luogo.
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