Arrivano nuovi input scientifici sull’importanza dell’esercizio fisico già nella primissima età: stavolta la conferma giunge dalla Deakin University di Melbourne.
Passando al vaglio una serie di studi in materia, i ricercatori australiani hanno appurato che l’infanzia e l’adolescenza sono i periodi cruciali per influenzare positivamente la salute cerebrale più tardi nella vita.
Gli effetti benefici sul cervello dall’attività fisica regolare, ridurrebbero, riporta l’Ansa, il rischio futuro di demenza e del morbo di Parkinson un’abitudine duratura all’attività fisica, specie in esercizi che migliorano la forza fisica, assicurando benefici al cervello nelle differenti fasi della vita.
Gli effetti positivi sarebbero diretti sulla sua struttura e sulle sue funzioni, scrive la responsabile della ricerca, Helen Macpherson dell’Institute of Physical Activity and Nutrition dell’ateneo, sulla rivista Frontiers in Ageing Neuroscience.
“Questi benefici possono essere differenti nell’arco della vita – dice la ricercatrice-. L’attività fisica nell’adolescenza è il più forte fattore protettivo contro il deficit cognitivo a 71 anni, secondo alcuni degli studi esaminati. Le età fra 40 e 60 anni sono quelle in cui è importante costruire le difese contro la demenza. Alcuni dei cambiamenti nel cervello che possono portare alla demenza possono infatti prendere piede già 20 anni prima che compaiano problemi di memoria”.
“Tutta l’attività fisica regolare inoltre può prevenire l’ipertensione e il diabete di tipo 2, i quali entrambi possono danneggiare nel tempo i delicati vasi sanguigni del cervello, riducendo così il rischio di demenza. L’esercizio aerobico poi va idealmente combinato con esercizi di resistenza che aumentano la forza fisica”.
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“Si riteneva che siamo nati con tutte le cellule cerebrali che avremo nella vita, ma ora sappiamo che nell’ippocampo – la parte del cervello interessata alla memoria – le cellule cerebrali si possono rigenerare nel corso della vita e che l’esercizio può promuovere una nuova crescita”, spiega Macpherson. “Un beneficio dell’addestramento alla resistenza è che aumenta la produzione dell’ormone della crescita chiamato IGF (insulin-like growth factor) che ha una forte influenza sulla memoria”.
Viene da chiedersi, quando si intercettano notizie di questo genere, per quale motivo in Italia l’educazione fisica non sia ancora contemplata nei programmi della scuola dell’infanzia e primaria. Tanto è vero che lo svolgimento della attività fisiche, sino alla quinta primaria, si svolgono solo attraverso progetti d’istituto, quasi sempre finanziati dai genitori degli alunni.
Qualche anno fa avevamo calcolato, a seguito dell’auspicio dell’allora ministro per le Pari opportunità e per lo Sport Josefa Idem di introdurre la disciplina di educazione fisica alla primaria, quanto costerebbe l’avvio del progetto su scala nazionale all’interno dell’orario settimanale.
“Quest’anno sono state attivate in tutta Italia 132.193 classi di primaria in tutta Italia. Considerando che l’attività motoria con il docente specialista dovrebbe continuare a prevedere due ore a settimana d’insegnamento, sarebbero circa 11mila gli insegnanti che occorrerebbero. Calcolando che lo stipendio annuale iniziale, comprensivo di oneri fiscali e previdenziali, si aggira sui 23mila euro annui, l’impegno economico per lo Stato sarebbe di almeno 250 milioni di euro. Una cifra non proprio irrisoria. A meno che non si voglia introdurre il nuovo docente specializzato di educazione fisica ed annullare la spesa che abbiamo appena quantificato sottraendo le ore dalle maestre oggi in organico”.
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