I CoderDojo sono una realtà informale d’apprendimento, aprono le scuole nel week end, così le università, le biblioteche, i musei o i coworking aziendali, persino parrocchie e uffici pubblici.
Combattono il Cyberbullismo, accogliendo bambine e bambini che praticano il coding, la robotica, la sperimentazione delle tecnologie digitali più innovative, e lo fanno giocando e divertendosi.
Anche i genitori sono coinvolti in laboratori che li aiutano a seguire i figli con consapevolezza, nella vita digitale, in rete, sui social, nel loro quotidiano.
Siamo andati all’ Istituto Comprensivo Maria Montessori, plesso Monte Ruggero, per seguire un evento di CoderDojoRoma – l’antenna romana del movimento internazionale dei CoderDojo – per capire cosa avviene, quando la scuola si apre a nuove esperienze, e quali sono i vantaggi per gli alunni, i docenti e tutta la comunità.
Mentor e ninja a scuola di sabato
E’ un giorno in cui la scuola di solito è chiusa, ma sabato 16 marzo, il cancello di Via Monte Ruggero 39, nell’affollato quartiere di Roma Est che comprende parte di Monte Sacro e il Tufello, è aperto sin dalle 8,30. Fervono preparativi.
A entrare tra i primi sono i ‘mentor’, carichi di proiettori, computer, parti di robot da montare e programmare, fili, cavi, “ciabatte” multi presa. Sono accolti dai docenti della scuola, incaricati dalla dirigente Angela Gallo.
Cominciano a spostare i banchi e le cattedre, a trasformare le aule tradizionali in laboratori. O comunque in luoghi dove ci sia spazio per lavorare in gruppo, far muovere i bambini con libertà, e utilizzare nello stesso tempo i computer e i robot, o lavorare con le cannucce colorate per raccontare ai genitori come funziona il Web.
Si allestisce velocemente un tavolo per accogliere i “Ninja”, così si chiamano le bambine e i bambini che frequentano i CoderDojo, che arrivano con leggero anticipo, accompagnati dai genitori.
Poco dopo eccoli seduti davanti ai computer, divisi in due gruppi per età, e molto presto assorti a guardare ciò che viene proiettato sul muro della classe.
Seguono le parole di una mentor che li accompagnerà a raggiungere un obiettivo a loro molto caro: portarsi a casa un video gioco inventato interamente dai bambini.
I più piccoli da 7 ai 10 anni, possono ideare, personalizzare o disegnare un personaggio, lo faranno muovere sul video, e alla fine potranno condividerlo per giocare insieme.
Una margherita rossa su un caschetto biondo e occhi lucenti già concentrati, Livia, 7 anni, è al suo primo Coderdojo, sta realizzando una sequenza di blocchi (nei quali sono contenuti codici) per animare il suo nome, ma comincia a farlo con “Ada”. Ada chi? Ada Byron Lovelace, considerata la madre dei computer moderni. E Livia lo sa bene. Ha appena guardato con gli altri ninja un video sulle donne scienziate.
“Sì perché siamo anche nella Settimana Rosa Digitale – spiega mentor Rita che e un’insegnante di un’altra scuola della provincia di Roma – vogliamo che le bambine capiscano il più presto possibile che la tecnologia e le scienze non sono riservate ai maschi, visto il divario ancora esistente tra uomini e donne sulle competenze digitale e nelle professioni scientifiche”.
Nell’aula accanto, ragazzi e ragazze insieme con mentor Vinicio – sceneggiatore con la passione, e la formazione, nell’educazione digitale – accanto al computer hanno un piccolo robot. Stanno studiando come programmarlo affinché percorra una traiettoria, per far sì che reagisca a un ostacolo o a un rumore.
Attraverso un linguaggio di programmazione sono loro a decidere tutte le azioni che il robot farà. “Ma allora se sono riuscita a programmare questo robottino, un giorno io potrò costruire dei grandi robot”, dice Laura 12 anni alla fine del laboratorio.
Ma cos’è il Coderdojo e perché è utile alle scuole?
E’ una rete internazionale, fatta di piccole comunità che hanno un obiettivo comune, introdurre i più giovani nel mondo della programmazione digitale, facendo emergere tutte una serie di abilità che nascono spontaneamente quando i bambini imparano giocando, in un ambiente informale dove non sono giudicati, e hanno diritto all’errore.
E non solo, come ci ha detto Gianbattista Reale, docente e animatore digitale dell’IC Maria Montessori : “ Si svolgono le attività per i più giovani con una modalità non istituzionale, e loro imparano in autonomia le competenze digitali giocando e condividendo passione”.
Per Cristina Dell’Orco docente di lettere, referente per la prevenzione del cyberbullismo dell’I.C. Maria Montessori: “L’incontro tra la scuola e il CoderDojo realizza un‘osmosi positiva con un gruppo di appassionati che riunisce professionalità diverse. Insieme, trasformando la scuola in un ambiente informale, gli studenti imparano i vantaggi dell’utilizzo della rete, ma anche a difendersi dagli eventuali pericoli che possono incontrare su Internet”.
Infatti nel corso dell’evento di sabato 16, Cristina dell’Orco ha partecipato attivamente al laboratorio per i genitori: #FamilyDojo. Un laboratorio per capire com’è fatto Internet, partendo da una rete costruita insieme, genitori e mentor, usando delle semplici cannucce, per acquisire nuove informazioni a proposito di protocolli e cyber security, wireless e fibre ottiche, digitale e analogico, web e app.
Qualche dato
Il movimento dei CoderDojo nasce in Irlanda dall’intuizione di James Whelton che nel 2011 fonda un “computer club” nella sua scuola (Presentation Brothers College di Cork) dove insegnava le basi di HTML e CSS. Nello stesso anno Whelton con l’imprenditore Bill Liao, danno vita a CoderDojo, un network di club senza scopo di lucro finalizzati a insegnare la programmazione a bambini e adolescenti. Il primo Dojo si svolge all’interno del National Software Centre di Cork il 23 luglio 2011. Il nome è l’unione della parola inglese “coder”, chi fa programmazione, e “dojo” che in giapponese vuol dire palestra di arti marziali.
Dall’ultimo report di CoderDojo International, si contano oltre 1550 dojo in 92 Paesi, che coinvolgono annualmente almeno 58000 partecipanti dai 5 ai 14 anni, e 12000 mentor.
I primi tre paesi con il maggior numero di CoderDojo sono : Irlanda, Stati Uniti e l’Italia con 220 CoderDojo attivi verificati. Seguono l’Australia e il Giappone con 150 realtà.
CoderDojoRoma è stato tra i primi attivi in Italia, ed è entrato nel sesto anno di vita, ha costruito una comunità attiva, impegnandosi a portare il coding nei musei, nei luoghi istituzionali, ma anche nelle periferie, dove la rivoluzione digitale non né sostenuta dalla infrastrutture.
“Ma per organizzare un Coderdojo – dicono i mentor di CoderDojoRoma bastano alcuni computer e una pendrive, attraverso la quale scaricare i programmi, come Scratch inventato dal Dipartimento Education del MIT di Boston, e molta allegria”.
I mentor sono tutti volontari, gli eventi gratuiti, il Coderdojo è considerata un’iniziativa espressione di cittadinanza attiva.
Infine un momento di pausa: su una cattedra “apparecchiata”, fanno bella mostra di se ciambelloni freschi di forno, pizze farcite, succhi di frutta, si mangia insieme, si fa conoscenza. Si chiede, in fase d’iscrizione alle mamme e ai papà di portare una merenda un po’ generosa per condividerla con gli altri. Una pausa che non durerà a lungo per i più piccoli. I ninja dopo aver mandato giù l’ultimo boccone di pizza rossa, sbirciano già verso la loro postazione, l’obiettivo è finire il proprio gioco e portarselo a casa, per giocarci con i propri amici, magari sull’Ipad di mamma.