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Con il concorso “Legàmi di parole” si rivalutano i modi di dire

L’ultimo giapponese, salvarsi per il rotto della cuffia, le lacrime di coccodrillo, alzare il gomito, zero spaccato, scimmia sulla schiena: sono solo alcuni dei tanti modi di dire di cui gli italiani si servono quotidianamente per esprimere dei concetti attraverso metafore di dominio pubblico, a volte anche più efficaci della lingua cosiddetta “pura”.
Tanto che a rivalutarle è una delle case editrici scolastiche più antiche, la Zanichelli, che attorno a 50 locuzioni, alcune note altre meno, ha deciso si organizzare il VII premio di Scrittura “Legàmi di parole”: gli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado di tutta Italia potranno realizzare testi di fantasia utilizzando almeno cinque locuzioni estrapolate dalla lunga lista messa a loro disposizione.
“Sono espressioni idiomatiche – spiega la casa editrice – che fanno parte del nostro linguaggio. Molte di queste provengono da tempi remoti ma continuano ad essere vitali e irrinunciabili per esprimere, quasi visualizzare, in modo evocativo ed efficace un concetto ben preciso. Altre sono più “recenti” ma nate in contesti che nulla hanno a che vedere con il discorso in cui le usiamo. Molte le conosciamo perché ci sono più familiari, frutto magari dell’inventiva lessicale dei tempi nostri; di altre il significato lo “intuiamo” soltanto o almeno pensiamo di intuirlo, con la conseguenza di usarle a sproposito”.
Gli studenti interessati potranno realizzare un racconto, una prosa, una poesia, un fumetto o qualsiasi forma testuale che ispiri la loro fantasia: avranno la possibilità di “scegliere le locuzioni – sottolinea Zanichelli – dalle oltre 44mila presenti nel vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2011”. Ecco un esempio molto simpatico: “Sono partito con la lancia in resta e sono rimasto in braghe di tela. Ho fatto i conti senza l’oste ma non voglio gettare la spugna! Farò le ore piccole pur di salvarmi per il rotto della cuffia”.
Una giuria di esperi selezionerà i testi più originali da pubblicare sul sito www.zanichelli.it/premiodiscrittura.
Fra questi, i cinque scelti dalla giuria e dalla votazione del pubblico, verranno proclamati vincitori. La consegna degli elaborati dovrà avvenire entro il prossimo 28 febbraio. I premi consisteranno in un’azione di solidarietà: i vincitori firmeranno cinque pacchi dono di opere Zanichelli destinate ad associazioni e Onlus impegnate con i giovani e l’alfabetizzazione.
 
Di seguito alcune delle locuzioni più curiose – delle 50 del Premio – e i loro significati, tratti dal vocabolario della lingua italiana Zingarelli 2011:
ANDARE COL CAVALLO DI SAN FRANCESCO. Modo ironico per dire “andare a piedi” in quanto era il bastone l’unico compagno di viaggio del Santo di Assisi.
AVERE LA SCIMMIA SULLA SCHIENA. Essere drogato, sentire il desiderio e la necessità continua di sostanze stupefacenti. Perché la dipendenza resta attaccata come una scimmia dispettosa.
CONVITATO DI PIETRA. Si intende una presenza silenziosa e incombente, che evoca qualcuno o qualcosa che tutti conoscono ma di cui non si parla (con riferimento alla statua sepolcrale che compare come personaggio nel “Don Giovanni” di W. A. Mozart)”.
MURO DI GOMMA. Atteggiamento di distaccata indifferenza e di assoluto disinteresse, tale da scoraggiare qualsiasi iniziativa o richiesta.
NON ESSERE UNO STINCO DI SANTO. Essere tutt’altro che un galantuomo, comportarsi in modo non conforme alla morale. La locuzione fa riferimento alle reliquie di santi negli ossari.
SALVARSI PER IL ROTTO DELLA CUFFIA. Nell’armatura antica, la cuffia è il copricapo di cuoio o pelle imbottita indossato sotto la celata. Uscire per il rotto della cuffia, significa cavarsela alla meglio, a malapena. Probabilmente perché nelle giostre medievali i colpi assestati sulla cuffia erano ritenuti validi. Ad esempio nell’antico gioco della Quintana, che consiste nel colpire con una lancia – senza poi esserne colpiti – un fantoccio rotante che raffigura un saraceno. I giudici considerano valido il colpo di quel cavaliere che, dopo aver colpito il fantoccio è appena sfiorato sulla cuffia messa a protezione della testa.
ULTIMO GIAPPONESE. Significa ostinato difensore di posizioni ideologiche superate, teorie non più attuali (con riferimento ai soldati giapponesi trovati nella giungla ancora pronti a combattere dopo molti anni dalla fine della seconda Guerra mondiale).
ZERO SPACCATO. Si dice così perché sui compiti di una volta lo zero – quando lo si metteva ancora – era segnato da un tratto di penna trasversale perché non potesse essere corretto in sei né vi si potesse aggiungere altra cifra.
Alessandro Giuliani

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