Ora si riparata dalla scuola.
Dalla normalità delle procedure di mobilità, a cominciare dall’eliminazione del vincolo triennale per fare rientrare in sede le migliaia di docenti deportati dalla riforma nelle scuole del centro nord, continuando per l’eliminazione degli ambiti, l’odioso bonus premiale, le deleghe in bianco e delle chiamata diretta che proprio non piacciono agli insegnanti e ai dirigenti, stigmi di ingiustizia e clientelismo che la scuola da sempre deplora.
Ora avanti tutta con correttivi alla legge 107/2015 la “buona scuola” perché la scuola ha bisogno di stabilità, serenità, unità e nuovo vigore (un esempio per tutti i 4 mila posti liberi in Puglia e 3mila e 200 docenti deportati nelle scuole del nord con la riforma, oltre ai mille disservizi nelle regioni meridionali che continuano ad esserci per mancanza di docenti).
Ripartire dalla scuola. Sì perché i nastrini rossi hanno invitato ad un voto di coscienza.
Non hanno voluto contaminare con un No o un Sì la scuola. Essa è, nonostante tutto, presidio di giustizia, meritocrazia, crescita sociale.
Ora è quanto mai necessario ripartire dalle idee e dai buoni propositi, quelli che hanno sempre reso la nostra Repubblica un cardine in Europa e nel mondo.
E allora, che si ritorni ad ascoltare i cittadini ripartendo dalla scuola.
È il momento di immaginare una vera buona scuola fatta di docenti e studenti, famiglie e collaboratori uniti e compatti nel segno della giustizia e della meritocrazia, fari ben visibili nella mozione approvata all’unanimità in Puglia lo scorso 21 luglio con la mozione la “buona scuola”, dove persino il consiglio regionale pugliese all’unanimità si è pronunciato a sostegno dei docenti, tutti, dai neoassunti ai precari, che esercitano la loro missione di docenza serenamente secondo la tutela dei principi cardine della Costituzione. Ora auspichiamo per l’Italia e la scuola, un rappresentante del Miur che davvero sia l’essenza della vera buona scuola, che abbia a cuore le sorti dei docenti e dei discenti di tutta Italia, nessuno escluso.
Perché si cambi rotta, finalmente, e che il sud non sia più un figlio di un dio minore, ma che sia recuperata quella omogeneità sociale, economica, e di diritti che avrebbero come unico vantaggio il bene dell’Italia e dei suoi cittadini.
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