Vaccinando i bimbi con l’antinfluenzale “ridurrebbe del 30% le infezioni alle vie respiratorie e del 20% le assenze scolastiche”: lo dice Susanna Esposito, esperta d’infettivologia pediatrica.
Il contagio da virus influenzale, ha raccontato all’Ansa l’esperta, professore di Pediatria del Policlinico dell’Università di Milano e presidente della Società Mondiale di Malattie Infettive e Disordini Immunologici (WAidid), “lungi dal rafforzare le difese, debilita il fisico e lo rende più suscettibile ad altre infezioni, in particolar modo a quelle batteriche che colpiscono l’apparato respiratorio e che hanno come bersaglio più frequente i più piccoli”.
Anche se l’influenza in età pediatrica in assenza di patologie croniche è in genere meno grave di quello che si osserva nell’anziano, rimane comunque una malattia associata a costi socio-economici molto rilevanti. Far vaccinare gratuitamente tutti i più piccoli, come avviene per gli over 65, le donne incinte o i pazienti anche pediatrici con malattie croniche, rappresenterebbe un problema per la sostenibilità economica e organizzativa del sistema sanitario.
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I bimbi più piccoli sono, infatti, quelli più soggetti ad ammalarsi, con un’incidenza che è circa del doppio rispetto agli adulti. E sono spesso loro a fungere da ‘vettori’ del virus in famiglia. “Vaccinandoli, i contagi tra genitori e fratelli si ridurrebbero del 40%”, secondo l’esperta. Ma a ridursi del 25%, sarebbe anche l’uso di antibiotici “cui troppo spesso si fa ricorso in modo ingiustificato nel momento in cui il bimbo ha la febbre alta”. In caso di febbri, influenzali o meno, comunque i pediatri raccomandano di non forzare i bimbi a mangiare, mentre è bene incoraggiarli a bere per evitare la disidratazione. Preferire cibi leggeri, perché durante un’influenza diarrea e vomito sono frequenti. Per il resto valgono le tre L “letto, lana, latte”, ovvero riposo totale, caldo e liquidi. Infine, continua Esposito, “non bisogna sottovalutare la giusta convalescenza, che non è un optional ma una forma di prevenzione: se troppo corta, infatti, sarà seguita da ricadute”.
Per questo non vi è un’offerta attiva e gratuita in Italia dal Ministero della salute, ma all’estero sta prendendo piede la scuola di pensiero che tende ad incentivare questo tipo di profilassi. “Negli Usa – continua Esposito – i vaccini antinfluenzali sono già raccomandati dal 2002 a tutta la popolazione, anche sana, a partire dall’età di sei mesi. In Finlandia è stata introdotta la vaccinazione antinfluenzale universale per bimbi dai 6 mesi ai 3 anni perché a rischio di malattia grave, in Gran Bretagna, da 2 a 14 anni perché a maggior rischio di contagio a scuola e di diffusione della malattia in famiglia”.
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