Sono le vittime del digital divide, persone che vivono in zone del Paese dove la banda larga non è ancora arrivata e la Rete viaggia a meno di 2 Mbit/secondo. Aree in genere rurali, a bassa densità di popolazione, dove per gli operatori non è economicamente vantaggioso investire. Così, mentre chi abita a Roma o Milano può spesso navigare anche a 100 Mbit/secondo, per i meno fortunati l’esperienza su internet è molto simile a quella di una decina di anni fa o persino peggiore, perché nel frattempo le pagine dei siti si sono adattate all’evoluzione tecnologica e sono più pesanti da scaricare.
Con il 2014 si arriva alla resa dei conti per il piano nazionale banda larga. Quel piano in cui finalmente l’Italia eliminerà il digital divide, dando una copertura di almeno 2 Megabit al 100% della sua popolazione. Però si chiude un capitolo e se ne apre un altro più complicato, infatti, il 2014 è anche l’anno in cui si faranno le prime reti di banda ultra larga (30-100 Megabit) con fondi pubblici. Si posano insomma i primi mattoni di un piano che alla fine decreterà quale tipo di “autostrade digitali” l’Italia avrà nei prossimi decenni.
Quando si parla di banda ultralarga ci si riferisce a quel gruppo di tecnologie che permette agli utenti di godere di una connessione Internet con banda di trasmissione pari o superiore ai 30 megabit al secondo (anche se, in altri casi, a seconda dei contesti, si parla di connessioni superiori ai 2 oppure ai 100 megabit/s). Capacità di trasmissione superiori ai 30 Mb/s si intendono in genere veicolate tramite reti di accesso di nuova generazione (Next generation access network, NGAN) realizzate in fibra ottica, tecnologia che garantisce prestazioni superiori di almeno un ordine di grandezza rispetto alle tecnologie attuali. In altre parole, rispetto alle connessioni ad Internet maggiormente diffuse (appartenenti alla famiglia delle xDSL), le NGAN garantiscono connessioni nell’ordine delle decine di megabit o superiori.