Ogni settimana che passa salgono le quotazioni del disegno di legge di Roberto Calderoli, ministro leghista per gli Affari regionali e le Autonomie, sull’autonomia differenziata da approvare già nel prossimo autunno: pochi giorni fa, il Consiglio dei ministri ha dato il consenso per arrivare breve all’approvazione preliminare del progetto legislativo. Dall’intero asse di maggioranza continuano a giungere segnali di sostanziale consenso, pur con le dovute differenze. Di contro, l’opposizione, a partire dal Partito democratico, continua a mandare bordate contro il progetto di regionalizzazione: Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna candidato alla segreteria nazionale Pd, qualche giorno fa ha chiesto di “togliere e sgombrare dal campo materie divisive come la Scuola o la Sanità” e comunque “l’autonomia per essere potenzialmente discussa deve prevedere che vengano prima definiti livelli essenziali di prestazioni e togliere la spesa storica”.
Secondo Fabrizio Sala, deputato di Forza Italia ed ex assessore all’Istruzione di Regione Lombardia, invece, “la scuola pubblica funzionerà meglio grazie all’autonomia: questa è la verità, le altre sono solo bugie raccontate per prendere in giro i cittadini durante la campagna elettorale. Con l’autonomia potremo, infatti, organizzare meglio il dimensionamento e l’assegnazione degli organici o l’organizzazione amministrativa delle scuole”.
“Per non parlare della possibilità di assumere direttamente tramite bando gli insegnanti precari (quindi con modalità selettive non più imposte dall’amministrazione centrale o da chi governa Paese e scuola ndr). Non è forse una priorità questa? Non è forse una priorità garantire continuità didattica ai nostri studenti, in tutta Italia, e stabilità agli insegnanti? Chi non vuole l’autonomia non vuole questi miglioramenti”, ha sottolineato Sala.
Il deputato forzista, però, garantisce che i sistemi d’Istruzione non saranno 20, come ha detto il dem Stefano Bonaccini in settimana. “La scuola è una e unica in tutta Italia – ha ricordato Sala – e così rimarrà. Non è che con l’autonomia avremo ordinamenti con materie regionali, non avremo il corso di milanese o il lombardo al posto dell’italiano o corsi differenziati rispetto al resto d’Italia”.
E ancora: “Con l’autonomia, chiediamo che le Regioni possano gestire in autonomia, appunto, le risorse che lo Stato destina loro in alcuni settori. Questo senza chiedere un euro in più, ma ottimizzando le risorse ed eliminando eventuali sprechi o assurdi vincoli burocratici”, ha concluso Sala.
Anche il M5s torna a respingere il ddl Calderoli. I parlamentari calabresi grillini Vittoria Baldino, Anna Laura Orrico, Elisa Scutellà, Riccardo Tucci e i consiglieri regionali Francesco Afflitto e Davide Tavernise sul ddl autonomia, hanno prodotto una nota con la quale chiedono “che venga convocato un consiglio regionale aperto” e ricordano che “già la riforma del titolo V della costituzione prevedeva l’istituzione dei Lep. La loro mancata individuazione ha rappresentato, in questi anni, una delle cause del divario tra le prestazioni offerte nelle regioni del nord e quelle del sud”.
“A risultarne pregiudicati sono i diritti sociali – proseguono – come per esempio la sanità e l’istruzione”.
Anche per i deputati del M5s della Calabria, “regionalizzare la scuola significherebbe creare 21 sistemi diversi di reclutamento, retribuzione, organizzazione, contrattualistica, quindi didattica. Il progetto di autonomia differenziata dovrebbe, pertanto, partire dalla definizione precisa dei costi necessari per attuare i Lep, iniziando così a dare attuazione all’art. 119 della Costituzione che prevede, tra le altre cose, un fondo di perequazione per le regioni più svantaggiate”.
“Una volta redistribuite le risorse a favore delle regioni più povere – continuano i grillini – allora si può pensare di come distribuire in modo più efficace anche le competenze. Vero è che la costituzione all’articolo 5 promuove le autonomie locali, ma a condizione che sia garantita l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Il regionalismo per la nostra costituzione deve essere solidale, senza lasciare indietro nessuno”.
I politici del M5s sostengono che “autorevoli costituzionalisti” reputano che “sui livelli essenziali delle prestazioni è solo il Parlamento a potersi esprimere, non il Governo con il supporto di organi tecnici”. Nel ribadire la necessità di costituire “un fondo perequativo a copertura totale delle regioni più deboli”, i deputati pentastellati chiedono al “centrodestra di ascoltare l’appello dei sindaci”.
I contrari sono anche fuori dal Parlamento. Il 21 dicembre scorso a Roma si è svolto davanti al Pantheon un presidio pubblico promosso dal Tavolo NO AD per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti: c’erano comitati, associazioni, sindacati, rappresentanti di partiti, per la richiesta di un ritiro immediato della bozza di legge Calderoli e dell’articolo 143 della Legge di Bilancio che ha spianato la strada al progetto.
Il Coordinamento per la democrazia costituzionale e sostenuta attivamente dalla FGU, quindi dalla Gilda degli insegnanti, ha avviato una raccolta firme contro la regionalizzazione del sistema scolastico: chi vuole aderire può farlo attraverso questo link ma solo se fornito di SPID.
Secondo Mauro Volpi, docente di Diritto costituzionale all’Università di Perugia, “con le intese tra le Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e il Governo, siglate con trattative quasi di tipo privatistico all’insaputa delle altre Regioni e dei cittadini italiani, le norme generali sull’Istruzione, oggi nella competenza esclusiva dello Stato, verrebbero trasferite alla competenza legislativa delle Regioni e l’istruzione, che adesso è materia concorrente, diventerebbe interamente regionale”.
Ad inizio dicembre, nel corso dell’audizione sul disegno di legge di bilancio 2023-2025, la CGIL aveva manifestato la gravità delle disposizioni riportate nell’articolo 143. “Ribadiamo il nostro no a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola e dell’istruzione”, aveva fatto sapere la Flc-Cgil guidata da Francesco Sinopoli.
Anche secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “non si può parlare di autonomia differenziata se non si riaffronta prima il tema della questione meridionale, attraverso una commissione di inchiesta parlamentare che indaghi sul perché dall’Unità di Italia ad oggi si è proceduto e comunque si è realizzata una differenziazione di livelli essenziali di prestazione, i Lep, da parte dello Stato nelle diverse aree del Paese”, sostiene il sindacalista.
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