Il disegno governativo sull’autonomia differenziata, in seguito alla recente approvazione da parte del Senato, è giunto al giro di boa mancando per la definizione il solo passaggio alla Camera dei Deputati. Decentramento che mira a conferire alle Regioni piena potestà legislativa su materie e servizi oggi di livello nazionale sottraendola al Parlamento attualmente competente per la determinazione dei principi fondamentali.
Deleghe che darebbero luogo anche al cosiddetto regionalismo scolastico che significherebbe potenzialmente mutare il volto della scuola italiana e il futuro della collettività. Nella categoria delle norme generali sull’istruzione “regionalizzabili” ex art. 116, comma 3, Cost., rientrano, infatti, una vasta pluralità di ambiti fondamentali.
Si pensi, tra le altre cose, alla disciplina dell’obbligo scolastico, a quelle relative alle classi di concorso per gli insegnanti, ai curricoli didattici vigenti nei diversi ordini di scuole, ai criteri di formazione delle classi, all’organizzazione didattica delle scuole primarie, ai criteri e parametri per la determinazione degli organici, alla costituzione di reti territoriali tra le scuole, all’integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali, alla formazione permanente, alla prevenzione dell’abbandono e del contrasto dell’insuccesso scolastico e formativo e dei fenomeni di bullismo, specialmente per le aree di massima corrispondenza tra povertà e dispersione scolastica.
In pratica le regioni avrebbero pieni poteri su tutto il sistema scuola fatto salvo il livello essenziale che rimarrebbe di pertinenza dello Stato.
A mio parere ciò introdurrebbe nel nostro Paese delle vistose disuguaglianze andando ad acuire gli squilibri accumulati e non risolti nel corso di decenni tra Nord e Sud a netto svantaggio del Meridione con una netta rescissione e frammentazione del sistema d’istruzione e formazione.
Fernando Nucifero
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