Il taglio nella scuola dunque, previsto dal disegno di legge di stabilità che aumenterebbe di 6 le ore di insegnamento settimanali, avrebbe un valore di 723 milioni di euro ma che spazzerebbe almeno 22mila posti.
Questi calcoli comunque sarebbero fatti sulla base di proiezioni in possesso del Miur ma a quanto pare il numero preciso dei tagli di posti di lavoro e di spese a carico dello Stato saranno determinati in fase operativa, quando cioè l’aumento del carico orario andrà a regime. Nello stesso tempo sembra pure che il governo abbia lasciato al ministro dell’Istruzione un lieve margine di trattativa sindacale, in considerazione del fatto che comunque, come ha detto il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, è possibile cambiare gli ordini dei numeri ma il prodotto finale deve rimanere inalterato.
Contestualmente si fa più chiaro il progetto che il ministero avrebbe intenzione di calare come mannaia sulla paziente bonomia dei professori. Sembrerebbe dunque che le 6 ore in più dovrebbero essere utilizzate per coprire gli spezzoni orari, ovvero le ore che residuano dalla costituzione delle cattedre ordinarie che però ancora non si capisce se saranno in ogni caso tutte di 18 ore o tutte di 24 e se gli spezzoni andrebbero a chi non raggiunge il famigerato tetto. Ne “beneficerebbero” quei docenti provvisti di regolare titolo di studio, senza quindi neanche abilitazione, per cui, poniamo, un docente di inglese che abbia frequentato due corsi universitari di tedesco, può aspirare a questo “beneficio” teutonico di 6 ore in più. Con ogni probabilità l’idea è nata dal fatto che già oggi i docenti possono accettare un carico orario fino a 24 ore, togliendolo ai precari, ma dietro compenso, ma che avrà fatto pensare nello stesso tempo ai funzionari, e al ministro, di pianificalo con le ferie piuttosto che con moneta. Questo calcolo ragionieristico consentirebbe, a oggi e sulla base dei dati in possesso del Miur, un risparmio di circa 129 milioni di euro, a cui bisogna aggiungere il consequenziale taglio delle supplenze che porterebbe in cassa altri 265 milioni di euro.
Se a questa somma si aggiunge anche il risparmio di 10 milioni di euro sul sostegno portato dall’aumento delle ore a 24, il cerchio dei conti ministeriali si chiude e il disegno di legge trova una sua legittimità contabile non certo didattica e organizzativa per la scuola e l’istruzione.
Tuttavia sembra pure che questo aumentato carico di lavoro potrà essere prestato solo nella scuola di titolarità, per cui se non ci fossero spezzoni o supplenze nel proprio istituto e sulla propria disciplina, un docente potrebbe trovarsi liberato dal prestare le sue 6 ore in più, a differenza di un altro collega che sicuramente non gradirà la cosa a parità di stipendio. Forse, ma nulla lo lascia prevedere, questi docenti “graziati da meno ore” saranno dirottati in altri compiti legati all’ampliamento dell’offerta formativa e alla creazione nelle scuole di spazi ulteriori di didattica magari pomeridiana.
Per quanto riguarda invece le ferie in più di cui potrebbero godere i professori, fermi sulla carta a 30 giorni durante le vacanze estive, i funzionari Miur parlano di oltre 47 giorni di ferie l’anno. Ma anche qui, cambiando l’ordine degli addendi il prodotto non cambia
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