Chi pensava a Quota 100 pura, senza soglie di accesso, e la riabilitazione della pensione di anzianità a Quota 41, può mettersi l’anima in pace: secondo l’Inps questa prospettiva, costerebbe allo Stato un vero salasso, quasi 14,4 miliardi già in partenza, per sfiorare i 21 miliardi annui di euro nel 2028. Tra dieci in anni, si spenderebbero in tutto oltre 190 miliardi.
Perché a beneficiare del doppio provvedimento subito del doppio provvedimento, a lungo caldeggiato dai leader politici di M5S e Lega, sarebbero 751 mila lavoratori (entro il 2019). E una cifra addirittura superiore negli anni a seguire.
Solo “a partire dal 2030 gli oneri si riducono, trasformandosi in risparmi intorno all’anno 2040”, ha spiegato l’Inps nell’Allegato tecnico (di ben 13 pagine) alla relazione del presidente Tito Boeri, presentata al Parlamento i primi giorni di luglio.
Ma l’Inps non solo rifiuta l’idea di Quota 100 pura: mette in bella mostra anche le enormi cifre da spendere in caso di ripristino della pensione di anzianità con 41 anni di contribuzione e quota 100 con 64 anni di età minima (anche con il paletto dei 35 anni minimi di contributi). Solo per l’anno prossimo, l’onere sarebbe di 11,6 miliardi di euro per un totale di 596 mila pensioni in più a fine anno. Nel 2028 i costi salirebbero a 18,3 miliardi e gli assegni a 1 milione.
Addirittura, l’Istituto di previdenza mette in guardia pure dalla ‘Quota 100’ con soglia minima di accesso a 65 anni. Anche in questo caso, l’esborso sarebbe notevole: di 10,3 miliardi di euro subito, che nel 2018 lieviterebbero fino a 16,5.
“Dall’elaborazione – si legge nella nota tecnica – risulta che la modifica normativa comporta un onere complessivo pari a circa 6,0 punti percentuali rispetto al Pil previsto per l’anno 2018”.
Un compromesso fattibile sarebbe quello, allora, di introdurre Quota 100 con 64 anni minimi di età, senza però reintrodurre la pensione di anzianità (mantenendo in vita i 43 anni e 3 mesi per gli uomini, 42 anni e 3 mesi per le donne). Il primo anno si spenderebbero “solo” 4,6 miliardi in più fino ad arrivare a 8 nel 2028.
Le proiezioni dell’Inps sembrano, nel frattempo, essere state recepite dal vicepremier, Luigi Di Maio, che è anche ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico: presentando le linee programmatiche dei suoi dicasteri al Senato ha prima detto che è “necessario e urgente provvedere a nuovi canali di uscita” così da “superare” la “riforma Fornero”. Poi, ha però anche fatto intendere che ‘Quota 100’ pura, a prescindere dall’età, non sarà adottata.
Su ‘quota 100’, Di Maio ha detto il governo “è a lavoro” e sta “valutando: certamente, non ci riferiamo a tutte le combinazioni possibili”: si devono individuare quelle “più convenienti”. Ma convenienti a chi? Il riferimento, è chiaro: convenienti al governo.
Certo, ha aggiunto Di Maio, va giudicata “positivamente” l’introduzione di ‘quota 100″ ma è necessario anche “stimare con certezza costi e impatti sull’intero sistema per potere dare al più presto una risposta in tal senso”. Un epilogo che La Tecnica della Scuola aveva ipotizzato dal mese di maggio.
Matteo Salvini, vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega, continua a dire di volere “smontare legge Fornero, anche se la Corte dei Conti dice che non si può noi lo faremo” perché sarebbe “un segnale di buon senso e di equità”.
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