È sempre più aperta la dialettica tra i fautori del Byod e quelli che invece lo vedono come un semplice sdoganamento dello Smartphone in classe.
In realtà quando parliamo di Byod (Bring Your Own Device) intendiamo ogni dispositivo digitale personale (tablet, smartphone, netbook e e-reader) che può essere utilizzato in maniera continuativa da studenti e insegnanti e non solo in un determinato contesto.
Il Miur alla fine di gennaio ha prodotto un decalogo per l’utilizzo dei cellulari in classe, in grado di far uscire dal contesto di “clandestino” quei docenti che oggi già utilizzano il proprio dispositivo personale in classe.
Un decalogo che per il Miur stesso è uno strumento rilasciato in mano agli Istituti con la consapevolezza della libertà di insegnamento ed autonomia didattica di cui godono le scuole.
Molto interessante, su questo argomento, è un articolo di Elisabetta Nanni, una docente che ha partecipato alla Commissione che aveva l’obiettivo di analizzare e produrre il decalogo stesso che fa una disamina dei vantaggi del Byod in classe.
Per la docente “è proprio l’aspetto inclusivo, il valore aggiunto del BYOD ovvero la possibilità di lavorare a scuola per lo studente con tutto quello che è possibile utilizzare anche a casa”. In sostanza il fatto di poter utilizzare il proprio device può favorire l’apprendimento grazie anche al supporto di specifici Tool ed applicazioni che ad esempio servono per prendere appunti.
Ma il device può essere utilizzato per condividere, per confrontarsi su temi ed argomenti della lezione grazie alle numerose piattaforme in cloud e applicazioni di “collaboration” che consentono anche da remoto di inter-lavorare sullo stesso documento.
Altro aspetto che Nanni esplora è quello della creatività: “Il dispositivo personale, utilizzato quotidianamente nella maggior parte dei casi come strumento social, acquista potenzialità tutte da esplorare, dal blocco personale di appunti alla produzione di presentazioni collaborative”.
Uno dei presupposti di base è l’avere la connessione di rete, anche se alcune app consentono attività off line, non si può forzare l’utilizzo del Byod in classe senza una adeguata copertura di rete.
Inclusione e creatività ma anche la consapevolezza, che l’utilizzo del dispositivo possa avere nell’ambito dell’educazione civica digitale. E’ di gennaio infatti il primo Curriculum di Educazione Civica Digitale per la scuola italiana voluta dalla ministra Valeria Fedeli.
Per educazione civica digitale, si intende, in particolare, una nuova dimensione della cittadinanza, una integrazione, necessaria al curriculum di cittadinanza della scuola italiana perché connettività e tecnologie richiedono nuove conoscenze e nuove consapevolezze.
Perché per essere veri cittadini digitali (decimo punto del decalogo) occorre andare dentro la tecnologia stessa, capire cosa avviene dentro e cosa c’è dentro la tecnologia stessa.
“Diamo significatività – conclude la Nanni – e senso all’innovazione tenendo sempre presenti le tre C: Condivisione, Collaborazione e Consapevolezza insieme al dirigente, prima di tutto, e poi con colleghi, famiglie e studenti”.
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