Lo stallo sul decreto scuola L. 159/19 e sui due concorsi cattedra, ma anche quello riservato della secondaria, potrebbe durare a lungo: per andare avanti con l’iter concorsuale, non aiutano di certe le mancate nomine di ben dieci direttori generali (di cui alcuni fondamentali, come quelli per il personale, ma anche per le direzioni per gli ordinamenti scolastici e la valutazione, per le risorse umane, finanziarie e i contratti) e di quattro dirigenti a capo degli Usr (Lombardia, Lazio, Liguria e Sicilia). Sul rallentamento ha inciso anche la decisione del premier Giuseppe conte di procedere, dopo 11 anni consecutivi di Miur unificato, allo “spacchettamento“ del ministero dell’istruzione.
Da parte loro, i sindacati chiedono di essere almeno convocati ai tavoli già definiti con il ministro uscente Lorenzo Fioramonti, attraverso l’accordo del 19 dicembre scorso che aveva convinto le stesse organizzazioni sindacali a sospendere la mobilitazione del personale già avviata perché aveva tutto l’impressione di confluire verso uno sciopero unitario del comparto.
Secondo il senatore Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura al Senato e responsabile Istruzione della Lega, però le cose non sono così semplici.
“L’emanazione dei bandi di concorso legati al decreto – ha fatto sapere il senatore leghista – è attuata con decreto del direttore generale del Personale scolastico o, in surroga, del capo dipartimento per l’Istruzione. Allo stato, è in servizio (a scadenza) il secondo; non è ancora stato nominato il primo, dopo un anno e 10 giorni di vacanza del posto”.
Inoltre, continua Pittoni, “i decreti del direttore generale devono necessariamente essere preceduti da un decreto ministeriale attuativo della legge, a sua volta sottoposto al parere obbligatorio non vincolante del Consiglio nazionale della pubblica istruzione”.
Infine, “i bandi vanno corredati delle tabelle dei posti messi a concorso, distinte tra concorso ordinario (24.000 posti) e concorso straordinario (24.000 posti), per regione e per classe di concorso. Possibilmente non “a fantasia” per evitare di produrre vincitori senza cattedra come nel 2016”.
Allo stato attuale, dunque, mancano all’appello i bandi di quasi tutti i concorsi, il decreto di attuazione che li introduce e il parere del Cspi. Come non può esserci traccia dei posti vacanti da coprire in coincidenza dell’avvio del prossimo anno scolastico.
A questo proposito, la Lega aveva espresso l’intenzione di suddividere le cattedre solo sulla base dei posti effettivamente vacanti divisi tra i vari territori nazionali.
Ma per fare questo, occorre anche sapere con certezza quale sarà la consistenza del turn over, quindi comprendere con certezza quanti dipendenti usciranno dalla scuola il prossimo 1° settembre: “è lecito supporre che il ministro dell’Istruzione – conclude il leghista esperto di Scuola – attenda l’esito delle domande di pensionamento, per poi procedere all’individuazione dei posti da porre a bando, naturalmente dopo aver detratto quelli spettanti alle GaE e – conclude Pittoni – quelli accantonati per le mancate immissioni in ruolo sui posti liberati da Quota 100”.
Lo scorso anno, tra pensionamenti ordinari e Quota 100, furono oltre 40.000 le cattedre liberate. Anche se poi quelle venutisi a determinare con Quota 100 non furono utili né per le assunzioni a tempo indeterminato, né per la mobilità del personale già di ruolo.
Dell’argomento ha parlato anche Giuseppe De Cristofaro (LeU), sottosegretario al Miur parlando con i giornalisti a margine di un’iniziativa sulla scuola a Firenze su vari argomenti di attualità, con la Scuola protagonista in questi ultimi giorni.
“I due concorsi per la scuola, quello ordinario e quello straordinario, che si faranno spero nei tempi più rapidi possibile, sono un passo in avanti”, ha detto il sottosegretario.
Il rappresentante del Miur ha ricordato che “si parla di 48 mila immissioni in ruolo. Penso che in una situazione difficile della scuola italiana, con una presenza molto ampia di precari, questo non basta e lo possiamo considerare un primo passo“.
De Cristofaro ha anche ammesso di sapere “bene che questo non risolve il grande tema del precariato e penso che si dovrebbe affrontare il tema dell’abilitazione e di come si diventa insegnanti in Italia. Negli ultimi anni si sono stratificati almeno cinque modi diversi e questo crea confusione”, riferendosi ai continui cambi di direzione imposti dei vari governi sul fronte del reclutamento e sulla gestione dei corsi abilitanti e degli stessi concorsi per arrivare al ruolo.
Secondo il sottosegretario bisogna rivedere la macchina organizzativa, orientandola verso procedure meno complicate.
“Serve una semplificazione e bisogna sanare il precariato. Al mondo precario va riconosciuto di aver fatto tanto per la scuola“, ha concluso De Cristofaro, facendo intendere una seppure timida apertura per i supplenti storici.
Il sottosegretario ha auspicato, quindi, maggiore considerazione per quelle decine di migliaia di precari di lungo corso – in particolare per i maestri con diploma magistrale e per tutti quelli che hanno già svolto almeno 36 mesi di servizio su posti vacanti, soglia indicata dall’Unione Europea per l’assunzione automatica – che invece il decreto scuola approvato a fine dicembre non assorbirà attraverso i concorsi da attivare (più orientati alla meritocrazia).
Relegando i tanti che rimarranno fuori dalle assunzioni, ancora per chissà quanti anni, nel ruolo scomodo di supplenti. I quali, continueranno fare comunque molto comodo: a partire dall’estate prossima, quando i contratti annuali potrebbero arrivare a quota 250 mila.
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