Home I lettori ci scrivono Concorsi nella P.A., perché non inserire una “quota giovani”?

Concorsi nella P.A., perché non inserire una “quota giovani”?

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La proposta di Brunetta per i nuovi concorsi nella Pubblica Amministrazione sembra che si basi sulla sola selezione per titoli e servizi e, se così, hanno ragione Tito Boeri e Roberto Perotti che dalle colonne di “Repubblica” hanno evidenziato che i giovani laureati rischiano così di rimanere fuori, perché non hanno servizi da dichiarare. Questa modalità favorirebbe evidentemente chi ha già lavorato precariamente nella P.A.

Se può essere giusto favorire chi per tanti anni ha lavorato nella P.A. in modo precario, come anche nella scuola, ed ha acquisito una certa esperienza, non è giusto che si lascino ancora una volta i giovani laureati a bocca asciutta.

Per ovviare a questo contrasto di interessi, propongo che una quota dei posti messi a concorso venga riservato solo ai giovani laureati tramite test selettivi: una “quota giovani“, come hanno rivendicato le donne con le quote rose per avere il loro spazio.

Una società che non dà spazio ai giovani e meritevoli laureati, che li fa scappare all’estero per trovare una chance di lavoro, è una società moribonda; infatti non è un caso che in Italia non si fanno più figli visto che si nega a questi giovani la prospettiva del futuro.

Questa nostra società gerontocratica che non dà spazio ai giovani è ceca e innnaturale, perché si costringe i vecchi a lavorare quando dovrebbero essere già in età di pensione e godersi il meritato riposo, dopo una vita di fatica, ed i giovani a rimanere sfaccendati e a non sapere cosa fare.

Pare anche che questi posti messi a concorso siano a tempo determinato e non ne capisco la ratio. Si vuole creare altro precariato che dopo tanti anni di lavoro precario preme con i loro sindacati per stabilizzarsi?

Perché non mettere a bando posti a tempo indeterminato, come prevedono i concorsi pubblici? Perché si ha coscienza di proporre pseudo-concorsi che non selezionano il merito e quindi si vuole la facoltà di poter licenziare in futuro gli incapaci e i fannulloni? Oppure si stima che oggi puoi aver bisogno di tot lavoratori e che domani dovrai licenziarli, come fa un’impresa privata? Sarebbe questa la privatizzazione del pubblico impiego che propone il ministro Brunetta?

Anche per i precari il concorso, come quello esclusivo per i giovani laureati, deve basarsi sui test, oltre ai titoli e ai servizi, perché si deve valutare il merito, come prevede la nostra Costituzione per l’assunzione nei pubblico impiego. La proposta di proporre una selezione per titoli e servizi e per posti a tempo determinato, sarebbe quindi un modo di aggirare la Costituzione?

Gli esami s’hanno da fare in ogni caso e la valutazione deve essere imparziale. Altro male della società italiana è il familismo e le raccomandazioni che certo non premiano il merito. Si scelgano commissioni estranee a quell’amministrazione, ben pagate, come hanno proposto Tito Boeri e Roberto Perotti, di modo che non siano soggette a corruzione e a influenze politiche.

Possibile che non riusciamo ad essere europei nella selezione di servant della Pubblica Amministrazione per renderla efficiente, efficace e trasparente?

E non aveva detto lo stesso Brunetta che intendeva far mettere in pensione chi ormai non ha più né la testa né la motivazione per aggiornarsi? Una delle competenze da richiedere ai candidati dei prossimi concorsi nella P.A. è quella digitale, oltre alla buona conoscenza di una lingua straniera ed i giovani su questo danno più punti dei vecchi.

Eugenio Tipaldi

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