Chi è nato, prima l’uovo o la gallina? Se la risposta appare da sempre difficoltosa, ben diversa è quella che riguarda il precariato statale: “chi è nato prima, lo sfruttamento reiterato e fuori-legge dello stato o la richiesta, di chi lo ha subito, di veder riconosciuti i propri diritti?”.
A meno che l’acqua non si metta a scorrere da valle verso monte e che l’entropia dell’universo cominci a diminuire spontaneamente, la risposta appare ovvia a tutti, tranne a chi sta in cabina di regia.
Forse la scuola non ha insegnato molto a chi non ne comprende l’importanza e la necessità di investire su di essa, pensando che l’unico problema sia quello di selezionare a valle perché a monte non era stato fatto per convenienza economica. Quando si ha un tamponamento tra auto, è il conducente di quella che ha iniziato, a dover risarcire gli altri e quando si ha un abuso edilizio è il responsabile dell’abuso ad essere in difetto e oggetto di sanatoria (se prevista), non la collettività che l’abuso lo ha subito.
Nel caso del precariato scolastico le acque hanno iniziato a fluire in verso contrario, spinte da una mancanza di coerenza che sfocia nell’arroganza di chi, per insabbiare le malefatte ai danni degli studenti e del futuro di una nazione, accusa il tamponato (docenti precari), imputandogli di richiedere una sanatoria che peraltro non sanerebbe i propri errori ma quelli di chi li accusa.
Una delle frasi a sostegno di questo comportamento ribaltante e anti-coerente è “nella scuola non si entra senza concorso, lo prevede la costituzione”, dimostrando di fatto la poca conoscenza della stessa (l’art. 97, comma 4 non esclude il concorso per titoli e servizio), della normativa sui concorsi (D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487) oltre che la non-applicazione del decreto dignità (legge 96/2018).
C’è poi chi si sente offeso da un eventuale concorso per titoli e servizio perché “finora si è entrati con concorso per esami”: non è assolutamente così (si vedano Pas, concorsi precedenti e per cattedre universitarie). Non è la situazione personale che deve prevalere, ma semplici riflessioni: quanti docenti ricordate con piacere per avervi trasmesso veramente qualcosa?
Le lamentele di alunni e genitori nei confronti dei docenti, riguardano esclusivamente precari o assunti con percorsi diversi dal concorso tradizionale? Il concorso tradizionale seleziona effettivamente docenti che saranno ricordati dagli alunni per passione e capacità di stimolare curiosità e competenze?
Chi finora ha pubblicizzato concorsi che elevino il livello dell’insegnamento non lo ha fatto mettendo in dubbio il tipo di selezione. Le soluzioni? Intanto occorre mettere fine alla denigrazione dei precari riconoscendone servizio e dignità di lavoratori.
La scuola non va male per colpa dei docenti precari ma perché è stata abbandonata dalla classe politica che deve rimettere mano al portafoglio statale con i seguenti obiettivi: classi con massimo quindici alunni, sedi scolastiche diffuse e di piccole dimensioni, docenti selezionati in base alle reali capacità di saper trasmettere, in formazione costante e con salario adeguato; almeno un docente di sostegno per classe, fondamentale non solo per i BES; dialogo costante tra scuole di ogni ordine e grado con reti informatiche di condivisione dati e curricoli che garantiscano la continuità tra scuole successive; dialogo tra politica e scuola.
Occorre che le nuove generazioni riacquistino la convinzione che valori e conoscenze acquisiti in famiglia e nella scuola siano utili e che l’onestà non sia ostacolo nella vita reale. Per questo i politici ricomincino a essere esempio di coerenza e rettitudine, non fornendo alibi ai cittadini per eludere le leggi e gli impegni civili e sociali.
Queste poche righe vogliono esser un piccolo contributo alla rinascita della democrazia e alla creazione di futuro, sperando che questa utopia sia soltanto una realtà incipiente, e che l’acqua riprenda a fluire da monte verso valle.
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